
  
 Le auto in via Licinio Calvo

 
 Perché tutte e tre le auto usate dai brigatisti nell'agguato sono state lasciate in via L. Calvo? Perché il loro rinvenimento avviene nell'arco di tre giorni? Le auto sono state abbandonate tutte insieme pochi minuti dopo la strage, come sostiene Morucci, o sono state portate in via L. Calvo una alla volta per beffare le forze di polizia? Ricostruiamo i fatti e analizziamo le fantasiose conclusioni della nuova commissione Moro.
 
Il ritrovamento delle auto
 Le
  auto utilizzate dalle brigate rosse nell’agguato di via Fani sono
  quattro: la 128 bianca targata corpo diplomatico, che resta
  all’incrocio tra via Fani e via Stresa ed altre tre auto che servono
  per la fuga: la 132 blu con cui viene portato via Aldo Moro, e due 128
  una bianca, ed una blu. (per i particolari; la verità processuale; la fuga)
A meno di mezz’ora dal rapimento,
  viene individuata, abbandonata all’altezza del civico 1 di via Licinio
  Calvo, la 132. 
Nella
  stessa strada viene rinvenuta, alle 4:10 della notte tra il 16 e 17
  marzo, la prima delle due 128, quella bianca, parcheggiata, come la
  132, sul lato destro, davanti al civico 23. 
Anche
  la terza auto del comando, la 128 blu, è in via Licinio Calvo posta,
  questa volta, sul lato sinistro della strada tra il civico 23 ed il 25
  ed a pochi metri dalla 128 bianca. L’auto viene identificata solo alle
  21 del 19 marzo, a distanza di più di tre giorni dal ritrovamento della
  prima auto. 
Il
  rinvenimento delle auto in via Licinio Calvo in tempi diversi è dovuto
  all’imperizia delle forze dell’ordine od al fatto che le brigate rosse
  hanno parcheggiato le auto in momenti diversi?
La versione di Morucci
Secondo
  quanto affermato dai componenti del commando brigatista, ed in
  particolare quanto riportato nel memoriale di Morucci, le auto
  sarebbero state parcheggiate tutte e tre in Via Licinio Calvo, a
  distanza di pochi minuti l’una dall’altra, intorno alle 9:30, la
  mattina del 16 marzo, al termine della prima parte della fuga.
Il
  motivo della scelta di via L. Calvo risulta assolutamente logico. Via
  Fani, luogo dell’agguato, è posta sulla collina di Monte Mario, le
  strade che la collegano con il resto della città sono poche e quindi
  facilmente controllabili da eventuali posti di blocco istituiti dalle
  forze dell’ordine subito dopo l’agguato. 
I brigatisti hanno quindi la necessità
  di abbandonare il prima possibile le auto e dileguarsi.
Via
  Licinio Calvo, un senso unico stretto e tortuoso che, dista poche
  centinaia di metri da via Fani, ha una particolarità: la strada termina
  con una lunga scalinata che attraverso via Prisciano, la collega con
  Piazzale delle Medaglie d’oro, uno dei centri nevralgici della città,
  dove sono poste molte fermate di autobus. Ed infatti secondo Morucci,
  qui fanno tappa la maggior parte dei componenti del commando, per poi
  dileguarsi chi a piedi e chi, come Fiore e Bonisoli, in autobus

L'inizio
  della scalinata di via Licinio Calvo attraverso la quale si raggiunge,
  passando per via Prisciano, piazzale delle Medaglie D'oro. 
La
  versione dei brigatisti ha un solo punto debole, le due 128 non vengono
  scoperte perché regolarmente parcheggiate. Trovare due parcheggi alle
  9:30 di mattina, in una strada, che come mostrano le immagini dei
  giorni successivi, particolarmente affollata, è un bel colpo di
  fortuna. Certo è possibile che l’azione brigatista non prevedesse il
  parcheggio delle auto e che i posti liberi siano stati soltanto una
  circostanza favorevole. Risulta però più logico pensare che, se
  realmente le auto sono giunte più o meno contemporaneamente in L.
  Calvo, ad attenderle ci fossero delle altre auto pronte a cedere il
  posto alle macchine dei brigatisti.
Del
  resto il problema della mancata individuazione di fiancheggiatori,
  usati a guardia di auto e parcheggi, rimane forse il vero aspetto non
  chiarito dell’azione di via Fani e non solo. (1)
La beffa brigatista
Le
  forze di polizia hanno sempre sostenuto invece che, dopo il
  ritrovamento della prima vettura, di aver più volte ispezionato tutte
  le macchine poste lungo via Licinio Calvo e quindi di poter affermare
  che i brigatisti hanno posizionato le auto in momenti successivi.
I
  motivi della suddetta scelta sarebbero da ricondurre ad una “forma di
  sfida” delle br nei confronti delle forze dell’ordine. 
La
  motivazione sembra abbastanza balzana, non si capisce perché i
  terroristi, nel pieno dell’azione più importate della loro storia,
  debbano rischiare l’arresto di alcuni militanti, per “beffare la
  polizia”.
La
  nuova commissione Moro nella 1°relazione sull'andamento dei lavori
  sposa con forza la tesi dell'abbandono in più riprese delle auto in via
  Licinio Calvo.
Secondo i
  commissari ci sarebbero diversi elementi a confermare il “rilascio”
  graduale delle auto. 
La
  commissione porta a favore delle proprie convinzioni le dichiarazioni
  delle forze dell’ordine riguardo un accurato controllo delle auto
  presenti in via L. Calvo.
E’
  chiaro che polizia e carabinieri non possono ammettere la svista,
  inoltre le prime notizie sulle auto sono molto confuse. Nel primi
  verbali vengono si segnalate le due auto ma si attribuisce alla 128 blu
  la targa della 128 bianca. Del resto come dimostra un documento
  rintracciato dalla polizia ed inviato alla commissione, già nei giorni
  successivi il ritrovamento delle auto, alcuni alti dirigenti della
  polizia dubitano dell’efficacia dei controlli effettuati in Via L.
  Calvo 
  In
    tale contesto, emergono espliciti riferimenti "al problema delle tre
    autovetture rinvenute in momenti successivi nella stessa strada",
    circostanza ritenuta un errore da parte degli operanti che non si
    sarebbero accorti subito di tutte le autovetture, dal dr. Macera e dal
    dr. Improta ed, invece, ricollegata ad una "forma di sfida" dagli altri
    convenuti.  Appunto
      del 20/3/1978 citato
      in un rapporto inviato alla CPM2, dalla Direzione Centrale della
      Polizia di Prevenzione in data 29/10/2015, pag 5
  
Il testimone preveggente
A conferma del rilascio in tempi
  successivi viene  citata la dichiarazione di un testimone,
  Paolo Nava, abitante in
  via Lucilio, una via adiacente via L. Calvo, che, relativamente al 128
  blu, afferma:
  Sabato
    18 corrente, all’incirca alle ore 18, insieme a mia moglie ho
    transitato per via Licinio Calvo (…) nella circostanza non ho notato
    nessuna 128 blu ed in particolare dove in seguito ho visto parcheggiata
    l’auto 128 rinvenuta dalla polizia. Preciso che tale auto l’ho notata
    alle 0:30 del 18 marzo , CPM1, volume XXX, pag.245.
La
  testimonianza, tra l’altro l’unica, desta non poche perplessità. Perché
  un semplice passante dovrebbe prendere nota delle auto parcheggiate in
  Via Licinio Calvo? E poi perchè una 128 blu? Basta rileggere i giornali
  di quei giorni per rendersi conto di come non ci fosse nessun tipo di
  attenzione nel ritrovare le auto usate dai brigatisti, quanto alla
  presenza di una 128 blu, la notizia, pur presente nei verbali della
  polizia, quasi non appare sulla stampa.
A
  giustificazione del suo interesse, Nava, parla di una sua
  considerazione dal carattere quasi divinatorio, infatti nel pomeriggio
  del 18 marzo, passando in via L. Calvo avrebbe esclamato: “ Vuoi
    vedere che si trova un'altra auto in via Licinio Calvo”.
 Nava, comunque, si
  presenta in questura soltanto alle 13,45 del 20 marzo dopo che giornali
  e televisione hanno dato ampio risalto al clamoroso ritrovamento della
  terza auto in via L. Calvo.
Il video del Tg e i nuovi accertamenti della polizia
La
  commissione, a dir il
  vero, tenta di portare a sostegno della propria tesi un nuovo elemento
  finalmente oggettivo. A tale proposito riprende un'affermazione
  presente nel libro “La tela del ragno” di Sergio Flamini:
  "L
    'ulteriore conferma che il brigatista Morucci ha mentito è nel servizio
    televisivo del giornalista Rai Piero Badaloni dopo il ritrovamento
    della seconda auto in via Licinio Calvo: le immagini della via, riprese
    il 18 marzo, dimostrano che la 128 blu non c 'era". S. Flamigni, La tela del ragno, In rapporto inviato alla CPM2, dalla
      Direzione Centrale della Polizia di Prevenzione in data 29/10/2015, pag
      5
Il servizio di Piero Badaloni in cui si parla del 128 blu ritrovato in via Licinio Calvo
Malgrado,
  al contrario di quanto afferma Flamini, come si può sentire dalla
  registrazione, Badaloni formuli soltanto un’ipotesi, la commissione
  incarica la polizia di svolgere le opportune indagini in merito.
E puntualmente arriva la smentita: 
  Le
    attività compiute hanno consentito di evidenziare che dal punto di
    osservazione dell'operatore Rai, posizionato in corrispondenza del
    civico 56 di via Licinio Calvo, non è visibile il luogo ove era
    parcheggiata la Fiat 128 blu, corrispondente, come detto al civico
    25/27 della stessa strada (…) In conclusione, non è stato rinvenuto
    alcun filmato che possa comprovare che l'ultima auto rinvenuta era
    stata effettivamente parcheggiata successivamente alle altre. Ibid.
Il commissario dissenziente
Come si
  vede non si capisce su
  quali riscontri la commissione trovi tanta sicurezza così da proporre,
  in prima stesura della relazione, il seguente testo
   Sappiamo
    che le Fiat 128 vennero entrambe abbandonate in via Licinio Calvo, ma –
    contrariamente a quanto afferma il “memoriale” in tempi diversi e
    successivi al rinvenimento della 132. Citazione presente nell'intervento di
      Fabio Lavagno, CPM2, seduta del 9 dicembre 2015, pag 14
L'affermazione
  fa insorgere Fabio Lavagno, membro della commissione, e unica voce
  contraria alla linea dietrologica adottata dagli altri commissari per
  tutto il corso dei lavori,  che non può
  fare a meno di notare: “Noi sappiamo che vennero ritrovate in
    tempi diversi, non che vennero abbandonate. [in tempi diversi]” Ibid
A seguito dell’intervento di Lavagno,
  la commissione cambia e nella relazione definitiva appare un più
  possibilista:
   “ciò rende
    verosimile che esse siano state abbandonate in via
    Licinio (…) una alla volta. CPM2,
      1° Relazione sull’attività svolta, 10/12/2015, pag 143
Ma la piccola
  modifica, evidentemente, non soddisfa Lavagno, e nella relazione appare
  una nota in cui dichiara (2)
   “Ritengo
    inverosimile e illogico che le auto rinvenute, in tre fasi successive,
    in via Licinio Calvo siano state abbandonate in altrettante fasi”. Ibid.
Ma quale è il motivo che spinge i br a
  rilasciare le auto una alla volta in via L. Calvo?
Per
  la commissione Moro la strategia messa in atto dal commando brigatista
  dipende da un fatto ben preciso: in prossimità di via Licinio Calvo le
  br hanno una base sicura.
>
Il titolo de "L'Unità" del 21/3/78 in cui si parla del ritrovamento della terza auto in via Licinio Calvo
All'individuazione
  di questa base la commissione Moro ha dedicato molto spazio nelle sue
  relazioni. I risultati delle “investigazioni” sono state da noi
  esaminate in un lungo e circostanziato articolo vedi La base di via
    Massimi
Pertanto, in questa fase accenneremo
  alla base solo in funzione del problema delle auto di via Licio Calvo. 
 Secondo la commissione sia la 132 con a bordo Moro, che le due 128,
  hanno fatto una sosta, più o meno lunga, prima di giungere in via
  L. Calvo. 
  
  Iniziamo dal 132. Una sosta
  sarebbe dimostrata
  dal fatto che, secondo alcuni riscontri, in via L Calvo, dal 132 viene
  vista scendere una donna, presumibilmente Barbara Balzerani mentre,
  secondo la commissione “la collocazione della donna sulla 128
    blu al momento dell’abbandono del teatro dell’agguato appare non
    controversa” e quindi si arriva alla conclusione che: la
  "Balzerani ha cambiato la propria originaria collocazione, passando
      dalla 128 blu alla 132 "
Testimoni anonimi e ritardatari
  
  La 132 che è servita per il
  trasbordo di Aldo
  Moro viene ritrovata in via Licinio Calvo dalla pattuglia “squalo 4”
  che viaggia su un auto civile. L'appuntato Saverio Mammoliti dichiara:
 (..) noi ci
  ponevamo alla
  ricerca della Fiat 132 rinvenendola in via Lucinio Calvo altezza civico
  1. Sul posto richiedevamo l'intervento dell'auto con sigla radio Digos
  4.  CPM1, volume XXXI, pag 219
  
A redigere il verbale del
  ritrovamento sono
  proprio gli agenti della Digos 4 il commissario Mario Fabbri e il
  brigadiere Vittorio Faranda, Nella relazione, in cui non c'è traccia
  della “squalo 4”, si legge:
  Dall’auto erano
    discese,
    secondo varie testimonianze, due o tre persone, tra cui una donna, la
    quale era stata vista con una pistola alla cintola dei pantaloni,
    scopertasi per un movimento repentino» CPM1,
      volume xxx, pag.106
Come si vede gli agenti, si
  limitano a
  raccogliere “varie testimonianze” ma, non verbalizzano i racconti dei
  testimoni, racconti che devono essere alquanto confusi se non si riesce
  nemmeno a stabilire il numero preciso, “due o tre persone”, di
  brigatisti avvistati. 
Ora, secondo Morucci, i
  brigatisti arrivano in
  via L. Calvo a distanza di pochi momenti, l’uno dall’altro, è quindi, è
  possibile che i testimoni, di cui, purtroppo, non abbiamo i racconti
  precisi, possano aver confuso la provenienza dei terroristi. Tanto più
  che, nel momento in cui è redatto il verbale, l’unica macchina
  rinvenuta è la 132, e quindi risulta naturale che i brigatisti
  avvistati provengano da quell’auto.
C'è un'altra testimonianza,
  anch'essa anonima,
  sui brigatisti in via Licinio Calvo. La relazione della commissione
  Moro ne parla cosi:
  Anche altro ignoto
    teste
    riporta la presenza di una donna. Ciò si rileva dal registro delle
    comunicazioni della Questura. Infatti alle 9.27 è annotato: «Sq4. Da
    via Licinio Calvo si sono allontanati due giovani a piedi, una donna e
    un uomo armati». Il riferimento deve essere agli occupanti della Fiat
    132, poiché è il medesimo equipaggio che ha trovato tale auto a
    comunicarlo. CPM2, 2° relazione
      sull’attività della commissione, 20/12/2016, pag 67
Ancora una volta si dimostra la
  pervicacia
  della commissione a seguire un'unica e precostituita tesi. Il
  testimone vede solo due giovani armati che si allontanano. Come si
  vede, non c'è nessun riferimento alla 132. Quindi i brigatisti
  potrebbero essere scesi, anche, come afferma Morucci nel memoriale, da
  una qualsiasi delle tre auto. Per la commissione, invece, basandosi
  solo sul proprio convincimento, i due sono ovviamente scesi della
  132. Peccato che il fatto che l'auto della polizia "Sq4" trovi solo la
  132 non dimostra assolutamente che in quel momento in via Licinio Calvo
  non ci fossero le altre auto.
Di tre persone tra cui una donna,
  parla anche un teste, finalmente con nome e cognome è Maria Assunta
  Perugini:
  la mattina del 16/3
    decorso, verso le ore 09,15/09,30 (…) Ho visto due uomini e una donna.
    Ribadisco che all'atto di vedere l'auto vettura di colore blu, lo
    stesso autoveicolo era già parcheggiato (…) Nell'abitacolo ho
    intravisto due uomini e una donna. Non ho dato peso alla circostanza in
    quanto la predetta vettura non aveva destato alcun sospetto. CPM1, vol XXX, pag 509
Purtroppo, a causa del verbale
  piuttosto
  generico, non sappiamo se la Perugini è tra le persone ascoltate dai
  poliziotti Fabbri e Faranda subito dopo il rinvenimento della 132. La
  testimonianza della Perugini viene, comunque verbalizzata solo il 22
  marzo. Ora è un conto testimoniare immediatamente subito dopo i fatti,
  altro è farlo a distanza di sei giorni, quando il particolare dei tre
  brigatisti in via Calvo è ormai ampiamente conosciuto.
La fantasiosa ricostruzione della 2° Commissione Moro.
    
  il
    veicolo con Moro abbia guadagnato un ricovero ove l’ostaggio avrebbe
    lasciato la 132 e i brigatisti avrebbero potuto a loro volta effettuare
    un cambio di posto sulle auto senza difficoltà.(...) un sito idoneo a
    ricevere uno o più veicoli, verosimilmente un’autorimessa, e a
    consentire un nascondimento dell’ostaggio.  CPM2,
      1° Relazione sull’attività.., cit,
      pag. 140. 
 Nel formulare l'ipotesi
  non viene spiegato il motivo per cui, i brigatisti a bordo della 132,
  una volta raggiunto il ricovero sicuro invece di trasferire, con tutta
  calma l'ostaggio e celare l'auto più riconoscibile (della 132 si
  conosce da subito il modello, il colore e la targa) escano nuovamente
  in strada e, con il rischio di essere intercettati dalle volanti, si
  scapicollino in via Licinio Calvo dove l'auto viene ritrovata a meno di
  mezzora dall'agguato.
 E' assolutamente logico
  che in presenza di un rifugio sicuro l'auto che dovrebbe essere
  nascosta sia la 132. Invece secondo la versione della commissione i
  brigatisti preferiscono nascondere, le due 128, e posizionarle, chissà
  perché, successivamente, nella via più pericolosa della zona 
 Della pericolosità della scelta brigatista, non può non rendersi conto
  anche la commissione che infatti sottolinea 
  Una
    simile strategia può considerarsi imposta dagli altissimi rischi
    derivanti dalla circolazione di veicoli immediatamente individuabili,
    perché visti durante la fuga da un numero potenzialmente indeterminato
    di persone. Quei rischi non potevano che aumentare con il trascorrere
    del tempo e con la divulgazione delle caratteristiche dei veicoli e dei
    loro occupanti, ricercati  CPM2, 1° Relazione
      sull’attività.., cit, pag. 145.
  
 Nessuna spiegazione viene data del comportamento assolutamente illogico
  dei brigatisti che invece di sbarazzarsi subito delle auto le tengono
  nascoste per giorni.
 In compenso si utilizza la pericolosità dello spostamento per ribadire,
  la tesi, cara alla commissione, della base nei pressi di via L. Calvo.
  quelle
    auto, prima di essere parcheggiate in via Licinio Calvo, percorsero una
    distanza assai breve, un tratto suscettibile di verifiche « a vista »
    dell’assenza di forze dell’ordine (...) Facile pensare a un garage dove
    custodire le auto per poi farle ritrovare successivamente.  CPM2,
      1° Relazione sull’attività.., cit, pag. 144
 Infine
  appare addirittura
  risibile il tentativo, da parte della commissione, di giustificare il
  perché le due auto siano state parcheggiate in via Licinio Calvo.
   In
    fondo a via Licinio Calvo la gradinata, idonea a far scomparire in
    pochi attimi dal campo visivo una o più persone appiedate, costituiva
    una soluzione assolutamente idonea a consentire un allontanamento
    indisturbato  Ibid., pag. 146
 Via
  Licinio Calvo, con la sua
  scalinata, diventa un punto strategico per un gruppo di terroristi in
  fuga che vuole abbandonare il più velocemente possibile la zona
  dell'agguato dove iniziano a confluire decine di volanti
 Quella stessa via, ad
  oltre 72 ore dall'azione brigatista, con una situazione ormai
  stabilizzata, rappresenta solo un pericolo, E molto più logico
  parcheggiare le auto in una delle tante vie anonime del quartiere ed
  allontanarsi, tranquillamente, senza la minima fretta. 
 
Note; 
 (1)
  Il problema di eventuali
  altri brigatisti non identificati è ancora uno dei punti oscuri della
  vicenda Moro. E' infatti impensabile che il commando lasci incustodito,
  in via Bitossi, il furgone Fiat 850 che servirà al trasbordo di Moro;
  lo stesso dicasi per il Dyane che i terroristi recuperano in via
  Massimi e che scorterà il furgone fino alla Standa di via Portuense. I brigatisti hanno sempre negato
  la presenza
  di altri "partecipanti oltre a quelli individuati, ma chiaramente hanno
  fatto capire che i loro racconti tendono a coprire fiancheggiatori che
  hanno svolto un ruolo marginale nella vicenda e la cui individuazione
  avrebbe rilevanza solo sul piano giudiziale e non storico. A tale proposito Adriana  Faranda, audita dalla 2° Commissione Moro, ha parlato per la prima volta della presenza di un'altra auto parcheggiata in via Caetani in attesa della   Renault 4 con il cadavere di Moro a bordo,. 
  (2) Di seguito il testo integrale della nota fatta aggiungere alla
  relazione della commissione Moro da Fabio Lavagno.
Al riguardo il deputato
  Lavagno ha
  osservato: « Ritengo inverosimile e illogico che le auto rinvenute, in
  tre fasi successive, in via Licinio Calvo siano state abbandonate in
  altrettante fasi. Procedere in questo modo non risponde a nessun
  criterio di “sicurezza” dell’operazione. L’abbandono nel più breve
  tempo possibile del veicolo utilizzato per salire su uno “pulito”, da
  quanto mi è dato sapere, è una delle priorità di chiunque commetta con
  un’auto un illecito o si dia alla fuga. Seppur in presenza della
  testimonianza spontanea di Paolo Nava, resa dopo la lettura dei
  quotidiani, la tesi dell’abbandono non simultaneo manca della prova
  incontrovertibile data da immagini o filmati che possa comprovare che
  l’ultima auto rinvenuta era stata effettivamente parcheggiata
  successivamente alle altre.
 
 
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