
  
L'affittacamere
 
Chi è Giuliana Conforto la proprietaria dell'appartamento di viale Giulio Cesare? Perché i due brigatisti sono a casa sua? I dubbi della 2° commissione Moro sulla sua assoluzione da ogni accusa. 
 
 
 

 Giuliana Conforto in una rara immagine del 1979 durante il processo per detenzione d'armi
 L'interessamento di Pace e Piperno
 Giuliana Conforto è una docente all’Università di  Cosenza. Il posto in quell’ateneo gli è stato assegnato anche grazie  all’interessamento di Franco Piperno già docente nella stessa università.
  La loro conoscenza è dovuta, sia agli anni in comune  all’università, sia alla militanza della Conforto e dell’ex marito Antonio Corbo  nella sinistra extraparlamentare.
  La Conforto abita in un appartamento nel rione Prati  a Roma diventato troppo grande dopo la separazione dal marito. Cinque stanze  per lei e le sue due bambine sono veramente troppe, anche in considerazione del  fatto che l’insegnamento a Cosenza la porta a trasferirsi regolarmente nella  città calabrese. Cerca quindi di trovare persone fidate, non dei veri e propri  affittuari, a cui cedere l’uso di una stanza, con i quali dividere i costi  della casa ed a cui affidare l’appartamento nei periodi di assenza.  Nell’appartamento si sono succeduti prima una parente in seguito un giovane  haitiano.
  Franco Piperno è a conoscenza di questa abitudine  della collega e quando le insistenze di Aurelio Candido, presso cui sono  temporaneamente alloggiati Valerio Morucci ed Adriana Faranda (vedi L'appoggio di Pace e Piperno), diventano troppo pressanti,  pensa a lei per una nuova sistemazione.
  E’ Lanfranco Pace, su indicazione di Piperno, che contatta  la Conforto parlandogli dell’interesse per la stanza, infatti, da li a poco l’ospite  haitiano andrà via, di due compagni, che hanno bisogno di un alloggio 
  Giuliana Conforto, secondo la sua deposizione, pochi  giorni dopo, il 24 Marzo 1979, approfittando del suo soggiorno ad Ovindoli  presso la casa dei genitori, raggiunge Piperno a L’Aquila. Lo scopo della  visita è cercare attraverso l’appoggio del collega, che già insegna nell’ateneo  abruzzese, una cattedra decisamente più comoda della lontana Cosenza. Si parla  anche della telefonata di Pace, e Piperno conferma l’affidabilità dei due  definendoli “cari compagni” (1) 
  La Conforto, un po’ per riconoscenza verso Piperno  per il suo interessamento all’università di Cosenza, e sperando che la cosa si  ripeta anche a L’Aquila, si convince e, probabilmente, il giorno successivo  riceve la telefonata di Morucci, che si presenta come, Enrico e prende accordi  per il trasloco.
 Enrico e Gabriella
   Gabriella (Adriana Faranda) ed Enrico si presentano  in Viale Giulio Cesare il 25 Marzo con pochissimi bagagli, con il passare dei  giorni, però le loro cose aumentano, tanto che la Conforto mette a loro  disposizione un soppalco nella stanza della figlia più piccola.
  Enrico e Gabriella, normalmente escono la mattina,  non sempre insieme, e tornano al tramonto, quasi mai riescono dopo cena. 
  Durante il soggiorno nella casa, il loro  comportamento è estremamente corretto: contribuiscono a tenere in ordine,  familiarizzano con le bambine, a cui fanno piccoli regali, una volta vanno  anche tutti insieme al cinema. 
  Nell’appartamento la vita si svolge regolarmente,  secondo quanto accertato dalla Magistratura, due colleghi della Conforto vi trovano  ospitalità per qualche giorno, addirittura si organizza una festicciola con i  compagni della figlia. Alcune sere la Conforto riceve degli ospiti a cena: il  padre Giorgio Conforto, ( vedi L’uomo del KGB),  alcuni colleghi ed, in particolare, Saverio Tutino, con il quale ha una relazione. 
 
 
 Saverio Tutino
  Tutino è un giornalista molto conosciuto, è stato  corrispondente de L’Unità dalla Cina e da Cuba ed è considerato uno dei  maggiori esperti italiani della rivoluzione castrista. Nel 1975 è tra i  fondatori del nuovo quotidiano La Repubblica. Tutino cena alcune volte con i  due ospiti discutendo di politica e femminismo, ma, a suo dire, non riconosce  Morucci e Faranda. 
  Il tutto si interrompe la sera del 29 maggio quando un’operazione  in grande stile condotta dalla Mobile procede all’arresto di Adriana Faranda e  Valerio Morucci. (vedi L’arresto).   Giuliana Conforto dichiara subito di non conoscere  la vera identità dei due ospiti.

 Il titolo de L'Unità del 31/05/1979 sulla perquisizione in viale Giulio Cesare
 
 La perquisizione della casa rivela però un  arsenale degno dei più forniti covi brigatisti, in particolare nella stanza  dove dorme la figlia piccola, in un soppalco, è trovata una borsa di tela  contenente una mitraglietta Skorpion, munizioni ed una bomba a mano. 
  La Conforto viene arrestata e condotta in carcere  con l’accusa di partecipazione a banda armata. Qui inizia la vicenda  processuale di Giuliana Conforto che tante polemiche ha scatenato. 
 Una sentenza troppo mite?
   La seconda commissione Moro in una delle sue  relazioni afferma:
 
    La mitezza con cui fu trattata  Giuliana Conforto è stata posta da alcuni in relazione all’azione svolta dal  padre, che avrebbe in qualche modo “venduto” l’informazione su Morucci e  Faranda in cambio della libertà per la figlia. CM2,  2° relazione sull’attività svolta, 20/12/2016,  pag 157
 
    Alla figura del padre Giorgio Conforto abbiamo  dedicato uno specifico articolo, (vedi L'uomo del KGB) per il momento soffermiamoci su Giuliana.
    I rilievi proposti dalla commissione riguardo i procedimenti giudiziari nei confronti di Giuliana Conforto sono tre. La celerità con cui si arrivò al primo giudizio, la rinuncia "a indagare su  un’ipotesi di favoreggiamento” e la “mitezza” usata nei confronti della Conforto in sede giudicante. 
    Giuliana  Conforto, come abbiamo visto, fu arrestata la sera stessa del 29 maggio 1979,  con l’imputazione di partecipazione a banda armata. Morucci e Faranda, pur  rifiutandosi di rispondere ad altre domande, sostennero con forza l’assoluta  buonafede della Conforto. 
  L’imputazione  di partecipazione a banda armata, dopo pochi giorni di indagini, in mancanza di  riscontri certi, fu derubricata in detenzione di armi e favoreggiamento  personale. 
  I due  procedimenti furono separati in quanto il processo per detenzione d’armi fu  unificato con quello a carico di Morucci e Faranda e si svolse, come previsto dalla legge, per direttissima,  presso il Tribunale di Roma  il 4 luglio  1979. In tale procedimento Faranda e Morucci furono condannati a 7 anni,  Giuliana Conforto fu invece assolta per insufficienza di prove.
 Il reato  di favoreggiamento non prevedeva il rito immediato e quindi il procedimento seguì la procedura normale.  A settembre del 1982,  il Giudice Istruttore del Moro bis, Ferdinando Imposimato, prosciolse Giuliana Conforto.  L'’accusa di favoreggiamento si basava sulla conoscenza da parte della Conforto della vera identità di Morucci e Faranda, quindi, in  presenza di una  sentenza che affermava proprio la non esistenza di prove certe riguardo la conoscenza della vera identità, dei due inquilini, e senza l'emersione di nuove prove a carico della Conforto, Imposimato decise il non luogo a procedere.
  Alla  luce di quanto esposto sopra, pertanto si può affermare che, dal punto di vista  formale, nei confronti di Giuliana Conforto furono applicate le normali  procedure giudiziarie senza nessun privilegio personale
  Il terzo rilievo riguarda la “mitezza con cui fu  trattata Giuliana Conforto”.
    In questo caso si tratta di giudicare una  sentenza e quindi siamo nel campo dei giudizi personali del tutto opinabili. 
   Esaminando  le motivazioni della sentenza si rileva che, accanto ad evidenti indizi di  colpevolezza quali: il fatto, abbastanza incredibile, di non chiedere neanche  il cognome a persone con cui si divide la casa, la presenza di bagagli  consistenti costituenti un vero arsenale, esistono altrettante circostanze a  discolpa dell’imputata:
 
     […] La Conforto apri subito la porta ai  funzionari di P.S. che suonavano il campanello […] può ritenersi che si sarebbe  comportata in modo più guardingo se fosse stata consapevole di quanto si  nascondeva nella sua abitazione. 
     (…) l’appartamento di viale Giulio  Cesare fu frequentato da numerosi conoscenti ed amici che vi si intrattenevano  liberamente. Vi fu nello stesso periodo una piccola festa per gli amici della  figlia dell’imputata. … mentre la Conforto era fuori, due suoi colleghi Tonini e  Tonietto dormirono nella di lei camera. Tutto ciò starebbe ad indicare che la  Conforto non aveva nulla da nascondere e non temeva che ad occhi indiscreti  potesse rivelarsi il cospicuo arsenale….
     (…) la famosa borsa di tela  plastificata contenente la pistola Skorpion e la bomba a mano… era conservata  sul soppalco esistente nella camera ove dormiva una figlia della Conforto. [...]  sembra difficile concepire che una madre avrebbe coscientemente esposto la  figlia ad un sì grave pericolo. Motivazioni  della sentenza, 16/7/1979, in CM1 vol. 37 pagg.396-397 
 
    Queste  motivazioni portarono all’assoluzione per insufficienza di prove:
 
    (…) dopo aver valutato gli indizi  di sospetto di colpevolezza e gli elementi invece favorevoli alla imputata, il  Tribunale ritiene dì dover pervenire ad una sentenza di assoluzione con la  formula dubitativa sul presupposto che i primi sono bilanciati dai secondi. ibid. pag. 393
 
    E’  corretto notare, infine, che la Procura non ricorse in appello contro la  sentenza di assoluzione per insufficienza di prove.   Giuliana  Conforto, così, uscì dal carcere dopo soli 57 giorni di detenzione.
Il baratto
  Una  parte della pubblicistica, ultima la commissione Moro, continua ad ipotizzare  che la scarcerazione di Giuliana Conforto fu frutto di uno scambio tra le  informazioni fornite da Giorgio Conforto, che portarono all’arresto di Morucci  e Faranda, e la libertà per la figlia. 
 Questa  ipotesi, però, come abbiamo visto, non solo non è suffragata da nessun  riscontro oggettivo, ma risulta totalmente illogica.
 Per  attuare il supposto scambio, in presenza dell’arresto ed il rinvio a giudizio della  Conforto, si sarebbero dovute coinvolgere, non solo i servizi e la Polizia, ma  soprattutto la Magistratura inquirente e giudicante  in un’azione formalmente illegale.
 Se si  voleva “preservare” Giuliana Conforto da una possibile imputazione sarebbe  bastato, più semplicemente, una volta identificati i due, procedere all’arresto  di Faranda e Morucci, lontano da viale Giulio Cesare in una delle loro uscite giornaliere,  non rivelando la fonte dell’informazione e omettendo, da parte dei soli  servizi, la loro presenza in viale Giulio Cesare.
  
Note
  (1) Le dichiarazioni di Giuliana  Conforto riguardo il modo in cui ha conosciuto Morucci e Faranda sono state  molteplici. Nel primo interrogatorio, svolto la notte stessa dell’arresto, ha  dichiarato di averli incontrati al Pincio la settimana di Pasqua.  Successivamente ha parlato di una telefonata di Piperno. Solo molti giorni più  tardi ha rivelato l’interessamento di Lanfranco Pace e il viaggio a L’Aquila  con l’incontro con Piperno. Dal canto suo Piperno ha sempre smentito il suo  ’interessamento e l’incontro a L’Aquila.

           
                         
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