
  
L'arresto
 
   La sera del 29 maggio 1979 Morucci e Faranda vengono arrestati, in un appartamento di viale Giulio Cesare a Roma. I due brigatisti si dichiarano prigionieri politici e si rifiutano di parlare. Le ipotesi della 2° commissione Moro  su un possibile arresto "concordato"
  
           
              

 Il titolo de La Stampa del 31/05/1979 relativo all'arresto di Morucci e Faranda.
                 
              L’arresto
                Valerio Morucci e Adriana Faranda hanno trovato  rifugio, grazie all’aiuto di Franco Piperno in un appartamento di viale Giulio  Cesare (vedi L’affittacamere) e continuano la loro azione per creare un nuovo  gruppo armato che in contrapposizione alle Br, da cui sono usciti da alcuni mesi, sia più legato ai movimenti ed in particolare all’area dell’autonomia. In  questo senso le retate effettuate in tutta Italia, il 7 aprile, sono state un  duro colpo al nuovo progetto.
                 Il 29 maggio è un martedì di inizio estate. Morucci  e Faranda nel tardo pomeriggio hanno un appuntamento in piazza Risorgimento.  L’incontro è con dei conoscenti, legati al giro della criminalità, che possono  fornire documenti falsi.
                 I due latitanti non sanno che quella è una trappola,  che sono stati “venduti” alla squadra Mobile (vedi La soffiata) e che ad  aspettarli insieme a Dario Bozzetti, autore della “soffiata”, ci sono anche gli  agenti della Questura. Dopo l’incontro Morucci e Faranda si avviano a piedi,  nel tramonto romano verso viale Giulio Cesare. Sono seguiti a distanza da  Bozzetti e da Nicola Mainardi il brigadiere della Mobile che ha avuto  l’informazione.  Tranquillamente i due  rientrano a casa. Il loro covo è stato identificato.
                 Parte subito l’operazione, Mainardi torna nella  caserma di viale Giulio Cesare, dove sono concentrati decine di agenti pronti ad  entrare in azione, e conferma la veridicità dell’informazione. Per mettere a  punto l’operazione in tutti i suoi particolari servono un paio di ore.
                Nel frattempo Faranda e Morucci sono saliti nel loro  appartamento, dove ad attenderli c’è la proprietaria della casa: Giuliana  Conforto. La cena è come al solito un pasto frugale. Secondo i ricordi di  Adriana Faranda, dopo cena ha un diverbio con Morucci e lei da sola si ritira  sul terrazzo di casa. Verso le dieci rientra in camera e si prepara ad andare a  letto.
                 Intorno alle 22:30 il campanello di casa suona  ripetutamente, la Conforto va ad aprire, nello stesso instante, allarmata,  Adriana Faranda, si affaccia sul corridoio. All’apertura della porta la padrona  di casa si trova davanti una decina di uomini in assetto di guerra con i mitra  spianati, Adriana Faranda torna in stanza e avverte Morucci: «Eccoli».
                 Passano pochi istanti e gli uomini della Digos  piombano nella stanza. La Faranda viene subito immobilizzata contro una parete,  Morucci, con fare incerto, tenta di estrarre la pistola ma anche lui viene  facilmente neutralizzato. Alla richiesta delle generalità la Faranda presenta  una patente falsa a nome Maria Rosaria Lombardo. Morucci invece si rifiuta di  rispondere. Nella stanza, ci sono 5 pistole, una carabina automatica,  caricatori e proiettili, moduli per patenti, carte di identità in bianco,  giubbetti antiproiettile e alcuni milioni in contanti.
                 Ammanettati, i due sono presto caricati su una  volante della polizia. Secondo quanto dichiarato da Adriana Faranda  nell’audizione della 2° commissione Moro, in auto c’è una accesa discussione  tra gli uomini della Digos e quelli della Mobile sulla destinazione. Alla fine  i due arrestati vengono portati in Questura a San Vitale.
                 Intanto nell’appartamento di viale Giulio Cesare si  procede all’interrogatorio di Giuliana Conforto e alla perquisizione delle  altre parti della casa. Nella stanza della figlia più piccola, Valeria di 4  anni, riposta in un soppalco, c’è una borsa blu, con dentro, tra l’altro, una  mitraglietta Skorpion, ed una bomba a mano. Al termine della perquisizione  anche la Conforto viene tratta in arresto.
                
  
                
                 Valerio Morucci ed Adriana Faranda fin dal primo  interrogatorio si dichiarano prigionieri politici e si rifiutano di rispondere  alle domande. L’unica cosa che tengono a precisare riguarda la completa  estraneità di Giuliana Conforto all’oscuro della loro vera identità.
                
                
                
                 Molto si è scritto riguardo le modalità dell’arresto  di Faranda e Morucci. Per anni si è parlato di una fonte riservata che avrebbe  fornito l’indicazione del luogo dove si rifugiavano i due ex terroristi. Si è  parlato di criminalità comune ma anche di servizi segreti, in particolare è  stato identificato in Giorgio Conforto, padre dell’affittuaria, il possibile  informatore (Vedi L’uomo del KGB)
                 Bisogna attribuire alla 2° commissione Moro, che ha  dedicato grande spazio alle problematiche dell’arresto di Faranda e Morucci, il  merito di aver fatto luce sulle  modalità dell’azione che ha  portato all’arresto dei due terroristi.( vedi La soffiata)
                Le ipotesi della 2° commissione Moro
                 La commissione, allo stesso tempo si è fatta  portavoce di quella linea dietrologica che vede dietro l’arresto una serie di  circostanze rimaste segrete.                Nella 2° relazione sull’attività svolta scrive:
                
                   È in corso di  approfondimento l’ipotesi che in questo contesto di crescente isolamento sia  maturata una sorta di autoconsegna negoziata. Messi alle strette dalla  pressione brigatista e tuttora latitanti, Morucci e Faranda potrebbero aver  scelto questa strada anche con il concorso di altri soggetti, come il noto  Giorgio Conforto, padre di Giuliana. CM2,  2° relazione sull’attività svolta, 20/12/2016, pag. 147
                
                                Quindi i commissari ipotizzano che Morucci e  Faranda, dopo gli arresti del 7 aprile che decapitarono i vertici  dell’Autonomia, oramai loro unico punto di riferimento, avrebbero “negoziato”  l’arresto attraverso Giorgio Conforto che, in cambio dei suoi “servigi”,  avrebbe ottenuto l’immunità per la figlia Giuliana.
                Una resa amichevole?
                 Le diverse problematiche relative alla figura di  Giorgio Conforto, della figlia Giuliana, della vera fonte dell’informazione  sono affrontati in altri singoli articoli, qui ci limiteremo ad affrontare  l’ipotesi della negoziazione dell’arresto.
                Quali sono gli elementi alla base di questa tesi?  Tutto si basa sulle “presunte” modalità dell’arresto. Seguiamo gli scritti  della 2° commissione Moro:
                
                   L’ispettore  Sandro Narvalli che partecipò all’irruzione, ha osservato che dalla dinamica  della stessa «sembrava quasi che i due si stessero costituendo.  ibid. pag.154,
                
                                Come si può facilmente notare la frase di Narvalli,  riportata dalla commissione Moro 2, è soltanto una sensazione, non solo  smentita dal verbale di arresto:
                
                   …l’azione era  così tempestiva che, in pochi attimi dopo una fulminea colluttazione, i due  venivano immobilizzati. Verbale della Digos, 30/5/1979, CM1, vol. 36, pag. 223
                
                                ma dallo stesso Narvalli che in colloquio con la  scrittrice Silvana Mazzocchi riportata nel libro “Nell’anno della Tigre”  scritto con Adriana Faranda, afferma:
                
                  Quando arrivammo  alla porta giusta, la tensione era al massimo. La ragazza era per terra. Cercai  di pacificare gli animi. “Stai fermo”, dissi all’agente che l’aveva colpita.  Per noi quelli erano avversari, non nemici personali.»  Silvana  Mazzocchi Nell’anno  della tigre: storia di Adriana Faranda, Milano, Baldini&Castoldi, 1994,  pag. 154
                
                                L’atteggiamento di Faranda e Morucci e degli agenti  in questa testimonianza è tutt’altro che amichevole!
                «Buonasera dott. Masone»
                 Ancor più singolare è la seconda circostanza  riferita dalla commissione riguardo la presunta arrendevolezza dei due  latitanti. Si fa, infatti, riferimento alla descrizione dell’azione riportata  sui quotidiani.
                
                   Tale elemento  compare anche nella stampa dell’epoca, concorde nell’affermare che Morucci e  Faranda fossero stati arrestati mentre erano a letto e che, di fronte  all’irruzione, Morucci si sarebbe limitato a dire: «Buonasera dottor Masone».CM2,  seconda commissione ... cit.  pag. 160.
                
                                La citazione si riferisce in particolare ad un  articolo apparso su La Stampa:
                
                   Nell’appartamento,  […] gli uomini della Digos e della squadra mobile sono entrati a mezzanotte  meno qualche minuto. La porta e stata aperta dalla Conforto; in una camera da  letto dormivano la Faranda e Morucci Non c’è stato alcun tentativo di  resistenza. Poche parole dette da Morucci: "Buongiorno, dottor Masone", rivolte  al capo della Mobile e poi il silenzio; da quei momento i giovani arrestati non  hanno più parlato. Sandra  Bonsanti, La Stampa, 31/05/1979
                
                                Come si può notare l’articolo scritto il giorno  successivo all’arresto non cita nessuna fonte ed è basato sulle prime  indiscrezioni, fornite a mezza bocca, dagli inquirenti. Comprensibilmente,  quindi, è zeppo di inesattezze, E' sbagliata l’ora dell’arresto: mezzanotte  invece delle dieci e mezzo; come non corrisponde al vero il fatto che Morucci e  Faranda fossero a letto al momento della cattura. Figuriamoci quale  attendibilità possa avere la presunta frase di Morucci detta al capo della  Mobile Masone.   
                 In conclusione bisogna ribadire che allo stato  attuale non esiste nessuna prova riguardo una possibile resa concordata di  Valerio Morucci ed Adriana Faranda è che le ipotesi formulate in questi anni,  in primis dalla 2° commissione di inchiesta sul caso Moro, sono solamente  congetture teoriche senza nessun riscontro oggettivo.
  
  
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