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  Insieme ai brigatisti nel commando di via Fani c'erano esponenti della criminalità organizzata? In particolare, come affermano alcuni pentiti della Ndrangheta c'era Antonio Nirta boss della famiglia San Luca.
Le affermazioni del Presidente della nuova commissione Moro e le risultanze di una perizia che compara il volto di Nirta con quello di una persona fotografata in via Fani il 16 marzo.
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      Br e ndrangheta
                  
                  
                  
                  
      
                Come abbiamo visto in altri articoli,  molte sono le presunte presenze nell’agguato di via Fani che  avrebbero aiutato le brigate rosse nel portare a termine l’azione.
                Una delle ipotesi più suggestive si  riferisce alla presenza di esponenti della criminalità organizzata  nell’attacco di via Fani.
                Di queste presenze si era sommessamente  iniziato a parlare già nel periodo immediatamente successivo alla  strage, ma le voci prendono forza solo 14 anni dopo la vicenda Moro. 
              La confessione di Saverio Morabito
Nel 1992 Saverio Morabito, esponente di  spicco della ndrangheta calabrese, diventa collaboratore di  giustizia, e tra le tante confessioni, alcune delle quali portano  all’arresto di diversi malavitosi, parla anche del caso Moro. 
                
                  Non è certo un caso che taluni dei  membri di maggior spicco della «ndrangheta» si dice siano inseriti  nella massoneria ufficiale, come ad esempio la famiglia Nirta di San  Luca, facente capo a Giuseppe e Francesco Nirta e che annovera  Antonio Nirta, detto «due nasi» data la sua predilezione per la  doppietta che, in Calabria, viene appunto denominata «due nasi». Di  Antonio Nirta avrò modo di parlare cosi' come del suo doppio ruolo,  dato che ritengo sia persona che abbia ruotato in ambiti  contrapposti e cioè che abbia avuto anche contatti con la  Polizia o con i servizi segreti. Potrà sembrare non credibile ma  appresi da Papalia Domenico e da Sergi Paolo, come dirò, che il  Nirta Antonio fu uno degli esecutori materiali del sequestro dell’on.  Aldo Moro. Interrogatorio di Saverio Morabito, 28/10/1992, in  Francesco M. Biscione, Il delitto Moro, (Roma, Editori Riuniti, 1988)  pag 121
                
                Le dichiarazioni di Morabito, sono  notizie de relato, ovvero che apprende da altri, in questo caso, a  suo dire, da Paolo Sergi e Domenico Papalia che interrogati, però,  smentiscono le affermazioni di Morabito.
                
                
                Ancora una volta, malgrado la  testimonianza di Morabito, sia stata smentita dai diretti interessati  ed il procedimento nei confronti di Nirta venga archiviato su  richiesta dello stesso PM in data 15 gennaio 1996, delle  dichiarazioni di Morabito si è continuato a parlare.
                A suffragare la sua testimonianza ci  sarebbero, secondo alcuni, dei riscontri. 
                Il più citato è l’ormai famosa  telefonata tra il deputato DC Domenico Cazora e Sereno Freato stretto  collaboratore di Moro, che riportiamo di seguito.
                
                  CAZORA: Un’altra questione, non so se  posso dirtelo...
                  FREATO: Si, si, capiamo...
                  CAZORA:Mi servono le foto del 16,... del  16 Marzo.
                  FREATO:Quelle del posto li...
                  CAZORA: Sì perché loro... (nastro  parzialmente cancellato) perchè sembra che uno stia proprio lì, mi è  stato comunicato da giù.
                  FREATO:E’ che non ci sono ...ah le  foto di quelle, dei nove...
                  CAZORA:No! no dalla Calabria mi hanno  telefonato per avvertire che in una delle foto prese sul posto quella  mattina s'identifica un personaggio noto a loro.
                  FREATO: Saran tante!
                  CAZORA: Una copia capito? Può darsi  che sia sui giornali del 16, del 16 o del 17.
                
                Come si può vedere la telefonata è  del tutto generica: e abbastanza sconclusionata. In via Fani sono  state scattate centinaia di foto sia dalle forze dell'ordine, sia da  decine di fotoreporter, come avrebbe potuto Freato, senza indicazioni  precise, recuperare, la foto “giusta”. E poi a cosa serviva una  copia della foto “a quelli di giù” se il misterioso personaggio  era stato già individuato?
                La telefonata è stata anche collegata  alla scomparsa del rullino, con foto scattate, da Gherando Nucci,  alcuni minuti dopo l'agguato, e consegnato in Procura dalla moglie  Cristina Rossi. Del “mistero delle foto di via Fani abbiamo gia  ampiamente parlato. (vedi Le foto di scomparse)
                Altro riscontro alle dichiarazioni di  Morabito sarebbero tre viaggi effettuati da Mario Moretti tra la fine  del 1975 e l''inizio del 1976 nel sud Italia.
                Il 12 e il 15 dicembre 1975, infatti,  Moretti risulta alloggiare a Catania, in compagnia di Giovanna Curro,  (nome di copertura di Barbara Balzerani) prima all’Hotel Costa e  poi presso il Jolly Hotel. Il 6 febbraio 1976 Moretti è segnalato  presso l’Hotel Excelsior di Reggio Calabria. 
                Singolare che dei tre viaggi si  consideri solo quello fatto a Reggio Calabria quale indizio di  rapporti con la ndrangheta, mentre i due viaggi a Catania non  producano alcun rapporto con la mafia.
                Inoltre, non si può fare a meno di  notare che, in mancanza di qualsia prova effettiva, ipotizzare, per  il solo fatto che Moretti abbia effettuato viaggi al sud, ci siano  stati contatti con la malavita, risulti un affermazione che, oltre a  basarsi sullo stereotipo: sud = uguale criminalità, nasconda anche  una preoccupante, sottile vena razzista. 
L’arma sporca di via Fani
                Saverio Morabito, non è l’unico  ’ndranghetista, che parla della vicenda Moro, anche Antonio  Sestito, pure lui collaboratore di giustizia afferma che “allorquando chiese a Francesco  Molluso un mitra per uccidere tale La Rosa, apprese da quest’ultimo  che si trattava di un’arma “sporca”», perché aveva sparato  durante il sequestro Moro”
                Ancora una volta, si potrebbe dire come  da prassi, arriva inesorabile la smentita di Molluso anche lui  affiliato alla ndrangheta, e, anche in questo caso, le dichiarazioni  smentite e senza riscontri, non producono alcuna azione giudiziaria.
                Quella che potrebbe essere considerata  niente più di una chiacchiera, è invece ripresa con grande evidenza  dalla commissione Moro:
                
                  È infatti indispensabile approfondire  e attualizzare uno dei punti più rilevanti della richiesta di  archiviazione formulata dal pubblico ministero Marini: la notizia  circolata in ambiente ’ndranghetista dell’esistenza di un’arma  «sporca» impiegata a via Fani. Tale accertamento ha particolare  rilevanza in questo ambito, in quanto utile a superare anche talune  possibili incoerenze descrittive. CPM2, 2° Relazione sull’attività  svolta, 21/12/2016, pag 160
                
E’ singolare che la commissione  chieda di approfondire la notizia dell’arma “sporca” citando  essa stessa la richiesta di archiviazione del giudice istruttore. Chi  meglio del magistrato inquirente può vagliare la veridicità o meno  di una notizia e quali possono essere gli approfondimenti che a  distanza di 22 anni può mettere in atto a una commissione  parlamentare? Ancora una volta si rileva una sfiducia costante nei  confronti soltanto di “determinate” scelte della giustizia”      
Il boss della ndrangheta in via Fani.
                La commissione Moro, pero, non si ferma  qui, spinta dal furore di trovare lo ndranghetista di via Fani,  affida ai RIS una serie di foto. 
                
                  con la richiesta di verificare se un  soggetto maschile in esse ritratto in via Fani in piedi fra altre  persone possa identificarsi nel malavitoso calabrese Antonio Nirta,  classe 1946. Ibid pag 158
                
Ricevuto il risultato dell’analisi  comparativa del RIS, il presidente della commissione, Giuseppe  Fioroni, può annunciare trionfante:
  «Grazie alla collaborazione del Ris  dell’Arma dei Carabinieri, possiamo affermare con ragionevole  certezza che il 16 marzo del 1978 in via Fani c’era anche  l’esponente della `ndrangheta Antonio Nirta, nato a San Luca, in  provincia di Reggio Calabria, l’8 luglio del ’46. Dichiarazione  di Fioroni riportata dai quotidiani italiani il 13 luglio 2016.
La notizia sembra tale da poter  finalmente segnare un punto di svolta nella vicenda Moro e tutti i  giornali gli dedicano grandi titoli.
  Caso Moro, Fioroni: "In via Fani  anche il boss della 'ndrangheta Nirta. "La Repubblica” on line,  13/7/2016
   
  Omicidio Moro, in via Fani c’era il  boss della ’ndrangheta Antonio Nirta La certezza arriva dagli esami  del Ris su una foto del giorno dell’attentato “La Stampa” on  line, 13/7/2016.
                Presi dalla foga di riportare la  notizia, i giornalisti non notano, però l’altra parte della  dichiarazione in cui Fioroni, dopo la frase ad effetto, cita alcuni  particolari del rapporto del RIS. 
                 Luigi Fioroni Presidente della nuova  commissione Moro
Luigi Fioroni Presidente della nuova  commissione Moro
                
                 
                
                  Comparando quella foto [scattata in via  Fani] con una del boss, gli esperti sostengono che la statura, la  comparazione dei piani dei volti e le caratteristiche singole del  volto mostrano una analogia sufficiente per far dire, in termini  tecnici, che c’è `assenza di elementi di netta  dissomiglianza´». Dichiarazione di Fioroni riportata dai  quotidiani italiani il 13 luglio 2016.
              
Questo accenno di spiegazione tecnica  genera da subito non poche perplessità, infatti c’è una bella  differenza tra la “ragionevole certezza” sbandierata da Fioroni e "l''assenza di elementi di netta dissomiglianza” citata nel  rapporto del RIS.
                Bisogna aspettare dicembre 2016 per  avere maggiori informazioni. Nella seconda relazione della  commissione Moro vengono riportate le conclusioni del rapporto del  RIS
                Le analisi del RIS
                Le analisi comparative del Ris si  accentrano su una foto pubblicata all'epoca dal "Il Messaggero"  in cui è ritratto un uomo vestito di scuro, in piedi su un muretto  intento a fumare. 
                La foto è scattata da alcune decine di  metri di distanza e quindi la figura è piuttosto confusa. Malgrado  ciò il Ris effettua la comparazione dei caratteri con la foto  del casellario giudiziari del famoso "due nasi"  Antonio Nirta.

                In alto a sinistra la foto del casellario giudiziario di Antonio Nirta. .A destra, nel cerchio bianco, la persona con cui è stata effettuata la comparazione
                 
Questi sono i risultati dell'analisi  comparativa:
                
                  La statura del soggetto ritratto nelle  fotografie in reperto viene attestata in 167,9 cm: compatibile con la  statura di Antonio Nirta registrata in sede di foto-segnalamento.  CPM2, 2° relazione, cit. pag. 158
                
Nel segnalare la compatibilità  sull’altezza il RIS non può fare a meno di evidenziare che:
  pur essendo, questo, un forte elemento  di compatibilità fra le due immagini, tale statura risulta essere  prossima alla media della popolazione dell’epoca, rendendo meno  discriminatorio tale parametro. Ibid.
Quindi, quanti sono gli italiani alti  quanto Nirta e l’uomo della foto?
                Riguardo il confronto del volto il  rapporto afferma: 
                
                  la comparazione dei piani dei due volti  è risultata compatibile. Ciò implica una tipologia di scheletro  facciale con le stesse proporzioni anatomiche sul piano sagittale e,  quindi, medesimo rapporto di sviluppo osseo. Ibid 
                
Ma anche in questo caso il Ris precisa:
  Pur essendo una forma di compatibilità  il livello non è quantificabile a causa della carenza di elementi  statistici presenti nella letteratura scientifica di settore. È  tuttavia utile ad accertare l’assenza di caratteri di netta  esclusione. Le caratteristiche del volto, prese singolarmente,  mostrano numerose analogie.
  La scarsa qualità dell’immagine e  gli artefatti, tuttavia, non permettono una chiara definizione,  consentendo la sola valutazione di elementi macroscopici e generali  dal limitato potere discriminatorio. Poiché di tali elementi non vi  è statistica di frequenza nella popolazione, non è possibile  affermare il calcolo statistico del livello di probabilità. Ibid.
                Il RIS afferma, anche in questo caso,  che il “livello di compatibilità non è quantificabile” in  quanto “non è possibile, affermare il calcolo statistico del  livello di probabilità” cioè non è possibile indicare nessuna  percentuale sul fatto che il personaggio ritratto in via Fani sia  Nirta.
                Quindi il RIS, nel suo rapporto,  accerta solo “l’assenza di caratteri di netta esclusione” che  detto in parole povere significa:” gli rassomiglia
                Tra l’altro seguendo il rapporto del  RIS che dichiara che dei caratteri presi in esame per la  comparazione. “non vi è statistica di frequenza nella  popolazione”, viene da domandarsi, quante foto di maschi italiani  adulti, comparate con la foto di via Fani, darebbero identico  risultato?
                Il risultato del studio svolto dal RIS  ci dice solo che, il 16 marzo, in Via Fani, c'è una persona che  somiglia ad Antonio Nirta e chissà a quante altre persone. Tra  l'altro del personaggio, ritratto, non si sa a quale ora della  giornata, ad osservare tranquillamente la scena mentre fuma, nessuno  si è premurato di indicarci il ruolo che sta svolgendo in momento di  molto successivo all'agguato.
                La commissione Moro però non demorde e  seppur è costretta ad ammettere che:
                
                  Gli elementi in comparazione risultano  non sufficienti ad esprimere un giudizio scientificamente affidabile. Ibid.
                
in una logica chiaramente dietrologica,  appigliandosi al solo fatto che non si può escludere che il  personaggio potrebbe essere NIrta:. 
  l’assenza di elementi di netta  dissomiglianza che, qualora presenti, sarebbero indicativi di  un’esclusione dell’identità del soggetto della foto con Antonio  Nirta. Ibid
si avventura in un oscuro ragionamento,  citato per intero di seguito, che ricorda la”supercazzola” di  monicelliana memoria, in cui, senza la minima prova, si ribadisce la  presenza di Nirta in via Fani.
  Alla luce di quanto sopra, il livello  statistico di compatibilità calcolato per la valutazione  antropometrica (1<LR≤10 corrispondente a « limitati elementi a  supporto dell’ipotesi... »), può solo essere aumentato. Seppur di  un valore non qualificabile, che fa tendere la compatibilità al  grado successivo: « Discreti elementi a supporto dell’ipotesi di  riconducibilità » che il soggetto delle foto in esame sia Antonio  Nirta. Ibid.
             
