
  
La moto Honda e  la lettera anonima
 
 	
  17/11/2010 " La Stampa" riceve una lettera in cui un anonimo torna a parlare della famosa moto Honda di Via Fani.
 L'autore del messaggio dichiara di essere uno dei due individui a bordo della moto, che era alle dipendenze del colonnello dei servizi segreti Guglielmi e che lo scopo della sua presenza era quello di aiutare le br nell'azione.           La lettera è attendibile o è l'ennesima azione di un mitomane in cerca di fama? 
                
                  
                  
          Un intervista che fa rumore
Il 25 marzo del 2014 l’Ansa riporta  un intervista del giornalista Paolo Cucchiarelli ad un ispettore di  polizia destinata a suscitare notevole clamore (leggi)
              Enrico Rossi, questo il nome  dell’ispettore, sta andando in pensione, si  congederà, infatti,  poche settimane dopo il 9 maggio del 2014. Il motivo del suo  prematuro abbandono è dovuto ha contrasti incontrati con i superiori  nello svolgimento di un indagine a lui affidata. 
L’indagine riguarda una lettera  finita sul suo tavolo, quasi per caso, in cui un anonimo, riferendosi  alla “famosa” moto Honda, presente in via Fani la mattina del 16  marzo
 1978, afferma di essere uno dei passeggeri, precisamente quello  sul sellino posteriore, e fornisce le informazioni per rintracciare   anche il guidatore. 
Rossi inizia le indagini ma
   “Ho  qualche incomprensione nell’ufficio. La situazione si 'congela' e  non si fa nessun altro passo, che io sappia". "Capisco che  è meglio che me ne vada e nell'agosto del 2012 vado in pensione a 56  anni”. (...) Ho aspettato mesi. I fatti sono più  importanti delle persone e per questo decido di raccontare  l'inchiesta 'incompiuta". (1) 
Come prevedibile,  la notizia suscita  grande scalpore, come sempre succede per tutto ciò che riguarda il  caso Moro, figuriamoci se poi si parla del mistero principe di via  Fani: la moto Honda, e del colonnello Gugliemi, altro pilastro della  dietrologia, il tutto condito con un intralcio alle indagini.              
              
              
              La lettera anonima
              Il 24/11/ 2010 la questura di Torino  acquisisce una lettera anonima indirizzata al direttore del  quotidiano “ la Stampa” recante il timbro postale del 17/11/2010.
              
Il messaggio, datato 10/10/2009 (sulla  lettera è scritto 10/10/209) si riferisce alla Moto Honda di via  Fani. Lo scrivente  asserisce di essere uno dei due personaggi a  bordo della moto. Rivela, inoltre, che era alle dipendenze del  colonnello dei Carabinieri  Guglielmi e che il compito della moto era  di “proteggere le br nella loro azione da disturbi di qualsiasi  genere” 
Fornisce infine una serie di  indicazioni,  riguardo l’altro occupante: il guidatore della moto.
            
La lettera non può che suscitare molte  perplessità sia per  l’anonimato, sia per una serie di  incongruenze  presenti nello scritto che esamineremo di seguito              
Ed infatti finisce sul tavolo di un  funzionario della Digos di Torino, che non gli da la minima  importanza, tanto da non procedere neanche alla protocollazione.
              
              
              Le indagini del commissario Rossi 
              Dopo circa un mese, siamo nel dicembre  del 2010, il funzionario, che nel frattempo è stato trasferito ad  altro incarico, cede, tra le pratiche inevase, la lettera anonima al  collega di stanza: l’ispettore Enrico Rossi              
Rossi, da ben altra rilevanza alla  lettera:
              
  la lettera l'avrò letta cento volte  prima di iniziare. So cosa c'è in quella lettera. A parte il fatto che,  secondo me, chi scrive ci mette dentro qualcosa che va al di là  della solita lettera diffamatoria o inquisitoria, è una lettera che  vuol far conoscere qualcosa attraverso una terza persona, è vero, ma  che vuole portare a conoscenza qualcosa (…) l'autore fa una cosa che negli atti non  ho trovato. Nessun aveva mai abbinato la motocicletta al colonnello  Guglielmi CPM2, audizione, Enrico Rossi, 24/11/2014, pag 16
              
             
             Il commissario Enrico Rossi
            
               
              Rossi quindi inizia ad indagare, ma a  suo dire, il fascicolo gli viene tolto dai superiori e  riconsegnatogli solo un anno dopo, nel dicembre 2011. 
Soltanto in quella data  può  riprendere le indagini ed  il  23/2/2012 parte il primo rapporto alla  Procura di Torino.              
L’indagine si concentra  nell’identificazione  del presunto guidatore della moto Honda  indicato nella lettera.              
La scoperta dell’identità, bisogna  dirlo, non è certo una  grande impresa. Pur facendo finta di non  rivelarne il nome, l’anonimo di fatto, anche se in modo contorto,  fornisce tutti i dati per identificarlo. 
              Basta andare presso  la Pentagramma  s.r.l., di cui si fornisce anche l’indirizzo preciso, chiedere  della signora Tiziana e farsi dare il nome del marito ed il gioco è  fatto, il guidatore della moto ha un nome: Antonio Fissore.  Unica  discordanza con la lettera è che Fissore non è il marito della  signora Tiziana, con lei, infatti,  ha avuto soltanto una relazione.              
Dalla signora Tiziana si apprende che  Fissore è  sposato e che vive con la moglie “come separato in  casa” a Bra  in provincia di Cuneo.              
I superiori di Rossi, non sono convinti  dell’autenticità dello scritto e bocciano, sempre secondo quanto  detto da Rossi, la sua richiesta di far esaminare la lettera e  rilevare impronte digitali e Dna.
              
Il 24 maggio del 2012, l’ispettore  Rossi, visto l’immobilismo dell’ufficio, prende l’iniziativa e,  con la scusa di un controllo amministrativo sulle armi possedute dal  Fissore, si reca nella casa di Bra.              
Fissore, non è in casa, infatti si è  trasferito a Firenze, dove convive con un’altra donna, rintracciato  telefonicamente, dopo alcune reticenze indica dove sono le armi  registrate
              La Beretta è in una scatola di scarpe   dentro l’armadio della camera da letto.  L’altra invece, viene  rintracciata in cantina. La pistola, una Drulov calibro 22, è in un  cassetto di un mobile. Insieme alla pistola c’è anche una   ristampa della prima pagina di Repubblica del 16 marzo 1978.              
              
                A questo punto Rossi chiede di andare in missione a Firenze e di  far convocare il soggetto in ambiente adeguato, per creare un clima  idoneo, senza che si creassero conoscenze circa la perquisizione. Ha  seguito il filone gerarchico dei funzionari addetti. Dopodiché, il perché gli  abbiano risposto di no l'ispettore Rossi ha detto  che non è in  grado di dircelo, né sa a  quale livello della catena sia stato  assunto il «no». L'unico dato di fatto è che la sua richiesta di  andare là ha trovato come risposta quella di non andare. Giuseppe  Fioroni, CPM2, audizione del 27/11/2014, pag. 26 
              
Rossi si rende conto che la “La  situazione si 'congela' e non si fa nessun altro passo, che io  sappia”  e quindi  "Capisco che è meglio che me ne vada” 
Per lui il non proseguimento delle  indagini è un’occasione mancata
              
   “se  io avessi avuto la possibilità  di verbalizzare le dichiarazioni di Fissore e di sviluppare tutti gli  accertamenti susseguenti alla perquisizione che andavano fatti, noi  avremmo sicuramente trovato risposte a molte domande.(…)   L'indagine da parte mia è tronca, manca tutto il seguito….
  Commissione  pag. 21
              Il 9/7/2012, quando ormai Rossi è  passato ad altro incarico, la Procura di Torino trasferisce la  pratica a Roma per competenza. 
              Evidentemente alla lettera anonima  crede soltanto l’ispettore Rossi, perché anche la Procura di Roma  non svolge praticamente indagini, tanto più,  che  il sette  settembre 2012 Fissore muore a Cecina. 
              Si arriva cosi a marzo  del 2014 quando  esce l’intervista di Rossi all’Ansa, che ha grande rilevanza sui  medie.   Il Procuratore generale di Roma, Luigi Ciampoli chiede  informazioni sulle indagini.
              Sollecitati, il  Sostituto Dott Capaldo  ed il  Giudice istruttore Palamara riesumano la pratica e si  affrettano ad interrogare il 1 aprile il commissario Rossi.
              Ciò non basta alla Procura generale  che  l’otto aprile avoca a se l’inchiesta. 
              
              
              Le indagini della Procura generale
              La Procura generale imprime  un’accelerazione alle indagini. Viene sentita la moglie del Fissore  che propone un profilo del marito ben diverso da quello di un  presunto “gladiatore” 
              
                [Un uomo] a cui  piacevano molto gli  amici e la compagnia, di un bonaccione e con una vita molto  complicata, perché era un sognatore; dipingeva, scriveva poesie ed  anche (autore di) un libro su una storia d'amore, libro che però non  è stato pubblicato; (…) non aveva mai né «fatto il militare»,  per essere stato esentato dal servizio militare in quanto aveva un  figlio, Flavio, che «era piccolo», né  «frequentato ambienti  caratterizzati dalla politica» né «fatto sport.  Ciampoli op cit. pag. 50
              
              
                Si cerca poi di appurare dov’era la  mattina del 16 marzo 1978 Antonio Fissore.  A tale scopo si  raccolgono due testimonianze. Dario Milano, conoscente del Fissore,  ricorda che il 16 marzo del 1978, mentre si   trovava nella sala da barba di Michele Sola, nei pressi del negozio  di Antonio Fissore, intorno alle 10  del mattino, era entrato  quest'ultimo e li informava, esprimendosi «in dialetto piemontese»,  che era «successo un casino grosso a Roma», dove avevano commesso  una strage e rapito Aldo Moro, quindi li invitava a trasferirsi nel suo negozio, per  ascoltare la radio. Ciampoli pag 54
              
              Interrogato Michele Sola, non conferma  la versione di Milano dicendo di non ricordare il fatto (sono  passati 36 anni)  afferma però:              
              
                conosco da sempre Milano Dario, ed è  sempre stata una persona molto seria e, se lui mi ha detto che si  ricorda di quella mattina è sicuramente vero». Ibid.
              
              A confermare che il 16 marzo 1978  Antonio Fissore non poteva essere a Roma è un’altra prova  incontrovertibile: il suo libretto di volo. Nel 1978 Fissore era  infatti impegnato nel conseguire il brevetto da pilota. Il 16 marzo,  come confermato anche dal brogliaccio dei voli dell’aeroclub di  Levaldigi,  Fissore, compie due voli di addestramento. L’andata con  partenza alle  13:52 dall’aeroclub di Levaldigi ed arrivo dopo 58  minuti all’aeroporto di Vergiate. Il ritorno da Vergiate a  Levaldigi con arrivo alle 17:08.
              Nel mondo della dietrologia si è  cercato di contrastare la validità del riscontro adducendo problemi  di condizioni meteorologiche avverse. Tesi, francamente non  credibile, anche perché l’istruttore del volo, Gustavo Gallo Orsi,  era una personalità di spicco nel mondo degli aereo club italiani e  difficilmente si sarebbe prestato a redigere un falso.
              La Procura  dispone  anche la  comparazione del Dna presente sulla lettera e quello del Fissore.  L’esame però non da nessun risultato.
              L’ 11 novembre 2014 il Procuratore  generale Luigi Ciampoli chiede l’archiviazione del procedimento in  quanto:
              
                non hanno trovato conferma né  l'ipotesi, adombrata dalla lettera 
                  anonima del novembre 2010, secondo la  quale Antonio Fissore, all'epoca dei fatti, sarebbe stato alle  dipendenze del colonnello Guglielmi e, in tale veste, presente, a   bordo della moto Honda, in via Fani, né l'ipotesi, pure vagliata,  che possa essere stato lo stesso Fissore l'autore della lettera  anonima del novembre 2010. Ciampoli pag 96
                
               
              Una lettera   fasulla
              La lettera anonima fatta recapitare  alla stampa di Torino rientra perfettamente in quella serie di  scoperte, confessioni, ipotesi, che hanno caratterizzato i 40 anni  del caso Moro e che, malgrado gli sforzi di chi è sempre teso a  cercare “la vera verità”  si sono sempre invariabilmente  inattendibili. Credere ad una lettera come quella di Torino risulta  veramente difficile. 
              La prima cosa che salta agli occhi è  la mancanza di fantasia, lo scritto è identico ad una scena del film  di Renzo Martinelli  Piazza delle 5 Lune del 2003, che ricostruisce  la vicenda Moro, in cui, un misterioso personaggio, rivela al  protagonista del film, il giudice Saracini:
              
                Anonimo: Ricorda la moto Honda, quello  dietro che spara con il mitra, quei due non li avete mai trovati, io  ero seduto dietro.
                Saracini: Le posso chiedere perché  adesso, perché dopo 25 anni?
                Anonimo: Ho un tumore mi hanno dato due  mesi, forse meno. Non voglio portarmi la verità nella tomba.
                
  
  
   La scena del film "Piazza delle cinque lune" di Sergio Martinelli, in cui un personaggio anonimo confessa al giudice Saracini (Donald Sutherland) di essere uno dei due a bordo della moto Honda di Via Fani
              
              
              
Nella lettera anonima inviata alla Stampa è scritta praticamente la stessa cosa: 
              
                con me alla guida della moto un altro  uomo proveniente come me da Torino e poi  il cancro mi sta  consumando.
              
              Come si vede stessa posizione sulla  moto e la stessa motivazione:  un male incurabile che presto porrà  fine ai suoi giorni. Unica differenza il riferimento al colonnello  Guglielmi  personaggio arcinoto della vicenda Moro 
              A parte questo evidente plagio, analisi  del testo della lettera fa capire che lo scrivente ha scarsa  confidenza sia con l’italiano che con la logica.
              A parte l’errore nell’esposizione  della data, (scrive 209 invece che 2009) le motivazioni della lettera  sono tutt’altro che chiare e logiche.
              Inizia affermando di avere il rimorso  di non aver mai raccontato quello che è successo veramente in via  Fani  ma la sua preoccupazione è “non voglio che mio figlio  sappia”.  Ora chiaramente le due cose sono in contraddizione tra  loro. Un eventuale scoperta del guidatore della moto avrebbe  sicuramente portato anche alla sua identificazione.
              Quando poi parla del fantomatico  guidatore fornisce delle informazioni a dir poco inverosimili. Di  questo fantastico personaggio, insieme a cui svolge un ‘azione così  delicata, l’anonimo,  non conosce neanche il nome però sa che è  sposato con la signora Tiziana, (in questo caso il nome si sa)  dipendente del negozio Pentagramma s.r.l.
              Tra l’altro le indagini appureranno  che la relazione tra il fantomatico guidatore identificato nel  Fissore  e la signora Tiziana, data la loro situazione coniugale era  a conoscenza di ben poche persone. Inoltre, sempre il giudice  Campoli, accerterà che le stesso Fissore ha lavorato per diversi  anni presso la Pentagramma, cosa che non sarebbe dovuta sfuggire ad  un frequentatore più o meno abituale del negozio.
              Le chiare indicazioni presenti nella  lettera, per risalire al nome del Fissore, la messa in scena nella  casa di Bra, con una ristampa della Repubblica del 16 marzo, posta in  un cassetto accanto ad una pistola,  il profilo dello stesso Fissore  definito dai conoscenti ”come un sognatore; dipingeva, scriveva  poesie ed anche autore di) un libro su una storia d'amore, libro che  però non è stato pubblicato” Fanno pensare che possa essere stato  lo stesso Fissore  ha redigere la lettera anonima per godere, come  spesso è successo nel caso Moro, di qualche momento di gratuita  pubblicità. 
              Anche il Procuratore Generale, nella  sua istanza di archiviazione  presenta come ipotesi quella che sia  stato lo stesso Fissore il latore della lettera
               
              
            
              Note: Enrico Rossi si è congedato il 9  maggio 2014 e non come viene riportato nell’intervista nell’agosto  del 2012. vedi CPM2, audizione di Enrico Rossi, 27/11/2014, pag. 5