
   
La moto Honda: Peppe e Peppa
 
  Tra le varie ipotesi relative ai passeggeri della moto Honda di via Fani ce ne è una che nasce negli ambienti della sinistra antagonista. A bordo della moto non c'erano criminali od agenti segreti, ma due autonomi passati per caso pochi istanti dopo la strage.
 La storia di Peppe e Peppa è una delle tante suggestioni che hanno contraddistinto il caso Moro e che sono naufragate davanti alla verifica dei fatti. 

                
                  
                  
                  
                
                
                
                
                L'articolo di Contropiano
Il mistero della moto Honda, che  avrebbe partecipato all'azione di via Fani, è sicuramente  l'argomento che più ha affascinato l'opinione pubblica nella vicenda  Moro. Sulla presenza e sul ruolo svolto durante l'agguato brigatista  si sono scritte centinaia di pagine. 
A cavallo della moto sono stati posti  di volta in volta i personaggi più vari. Tra le varie ipotesi fatte  ce ne è una che ha una sua particolarità: non nasce nell'ambito  della fazione “complottista” ma viene  formulata negli ambienti  della sinistra antagonista.
Secondo questa ipotesi a bordo della  famosa moto Honda ci sarebbero stati due autonomi soprannominati  “Peppo e Peppa” che sarebbero passati per caso in via Fani pochi  istanti dopo la fine dell'attacco brigatista e che non avrebbero  avuto nessun ruolo nell'azione.
La notizia, circola da anni ed  appare  per la prima volta in un  articolo de “Il Messaggero” del 23  Aprile 1998, senza destare grande clamore. Torna alla ribalta  solo  nel 2014 quando, il 25 marzo, in una intervista all'Ansa,  il  commissario di polizia Enrico Rossi rivela la presenza di una lettera  anonima che indica  a bordo della moto  Honda  due agenti dei  servizi segreti alle dipendenze del “famoso" colonnello Guglielmi.  (vedi La moto Honda e la lettera anonima e Il colonnello Guglielmi) 
Contro la  solita ed acritica  indignazione della grande stampa, riguardo un nuovo ipotetico lato  oscuro della vicenda Moro, si levano le voci indignate  della  sinistra antagonista, che, bollando come ennesima bufala la lettera  anonima  recapitata a “La Stampa”, afferma che il “mistero  dell'Honda” è ormai definitivamente chiarito  Il  sito
 “Contropiano giornale comunista on line” in articolo ricostruisce  così la vicenda.

La testata della rivista Contropiano su cui è apparso l'articolo con la storia di Peppe e Peppa
 
  L'identità di Biancucci e Angellotti fu rivelata negli anni '90 dall'ex brigatista "pentito "  Raimondo Etro. Fu lui a spiegare al magistrato Antonio Marini,   chi erano quei due sulla famosa Honda'". In pratica,  Etro riferì le informazioni che disse di aver avuto dalla Br Rita  Algranati, moglie del latitante Alessio Casimirri, Br nel commando di  via Fani. E cioè: "Ad un certo punto sono passati i due cretini  di Primavalle ed hanno anche fatto ciao ciao con la manina". 
  Perché Biancucci, che passava da via  Fani in quanto abitava da quelle parti, avrebbe riconosciuto sul  luogo dell'agguato sia "Valerio Morucci, con cui aveva condiviso  il liceo alla fine degli anni '60 ", che "Casimirri, con il  quale aveva militato per anni nel "collettivo Primavalle ", 
  Riconosciuti nonostante il camuffamento  da steward, divisa usata dal commando Br per l'azione su Moro e la  sua scorta. Ignari però dì quel che stava accadendo, Peppo e Peppa,  dà militanti dei collettivi dell'epoca, si sono resi conto che stava  succedendo qualcosa di grosso e sono andati via subito  (…) La  presenza di "Peppe" e della sua moto in via Fani fu  confermata da Valerio Morucci e Adriana Faranda, nel frattempo  "pentiti" a loro volta. Biancucci venne, anche  "riconosciuto" dall'ingegner Marini (il testimone di via  Fani contro cui nessuno sparò mai un colpo, tanto meno da quella  moto). "Peppe" e Roberta furono interrogati, ammisero di  esser passati lì quella mattina. Ma non avevano mai fatto parte  delle Br e quindi rilasciati.  
La notizia viene ripresa dai quotidiani   e cosi per qualche giorno, Peppe e Peppa salgono  agli onori della  cronaca.
Le dichiarazioni di Raimondo Etro
Il tutto nasce dalla testimonianza  resa, nel 1994,  ai magistrati Marini e Ionta da Raimondo Etro. Etro  è un irregolare  della colonna romana delle brigate rosse.  “Carletto” questo il nome di battaglia di Etro, partecipa alla  preparazione dell'azione contro Moro. Segue più volte il presidente  della DC nella chiesa di Santa Chiara ed è uno dei possibili  partecipanti all'agguato di Via Fani.  Il 14 febbraio  del 1978 fa  parte del commando che uccide il giudice Riccardo Palma. Proprio a  lui tocca il compito di sparare contro il magistrato. Al momento di  fare fuoco, però, Etro ha un'incertezza e deve subentrare Prospero  Gallinari, altro componente del gruppo. 
L'esitazione costa a Etro la  partecipazione al commando di Via Fani. Il suo ruolo, nell'agguato,  infatti, si limita al recupero delle armi dopo l'azione.
Etro esce dalle Br nel 1980. Dopo  l'arresto di Antonio Savasta, avvenuto il 28 gennaio 1982,  ed il suo  repentino pentimento, temendo di essere identificato ripara in  Francia insieme ad Alessio Casimirri, Rita Algranati  ed altri  componenti  della colonna romana.
Di Etro si perdono le tracce e  “Carletto”, nome che ricorre più volte nelle confessioni dei  pentiti,  rimane  senza identità. 
Fino al marzo del 1994 quando in una  informativa, l'agente del Sisde Carlo Parolisi,  dichiara  che il  brigatista latitante Alessio Casimirri in un incontro informale a  Managua in Nicaragua. ha  affermato:
  è stato il Casimirri a riferire dei  comportamenti tenuti nella vicenda Moro da Etro Raimondo , persona  che, secondo le affermazioni di Casimirri, aveva partecipato alle   riunioni preparatorie del sequestro dell 'on. Moro e che subito dopo  I 'agguato di via Fani aveva ricevuto una parte delle armi utilizzate  dalle Brigate Rosse per averle materialmente apprese dallo stesso  Casimirri
Etro viene arrestato 5 giugno del 1994,  imputato nel processo Moro quinquies viene condannato a 24 e sei mesi,  ridotti in appello a 20 anni e sei mesi.
Nell'interrogatorio del 15 settembre  del 1994 Raimondo Etro a proposito dell'agguato di via Fani ed in  particolare della moto Honda dichiara:
  Ricordo anche di avere appreso da  Casimirri, che era successo qualcosa di imprevisto che potrebbe  riguardare una moto e chi la guidava. Ricordo che mi disse "sono  passati due cretini con la moto ", o forse, "sono passati  quei due cretini con la moto ". Di questi miei ricordi però non  sono sicuro, quindi non posso essere più preciso
Poco oltre Etro identifica i due  personaggi a bordo della moto come due autonomi conosciuti come Peppo  e Peppa. 

Raimondo Etro
Etro però non fornisce i nomi dei due,  tanto che nel 2014 quando esce la notizia che è stato lui a  identificare in Giuseppe  Biancucci e Roberta Angellotti i due  passeggeri a bordo della moto,  si affretta a smentire la notizia con  numerose interviste
  Non ho mai detto che sulla moto  presumibilmente passata in via Fani il 16 marzo durante il sequestro  dell 'onorevole Moro ci fossero i cosiddetti "Peppo " e  "Peppa . Questa fu una deduzione di alcuni appartenenti alla  Digos a seguito delle mie dichiarazioni rese davanti al Pm Antonio  Marini. Dichiarazione all'Ansa del 29/3/2014
  
A seguito della dichiarazione di Etro,   gli inquirenti  tentano di dare un nome a Peppo e Peppa e la  loro  attenzione si ferma su due  militanti della vasta area  dell'Autonomia. I loro nomi sono  Giuseppe Biancucci e Roberta  Angellotti, e fanno parte  del “Comitato  proletario di Primavalle  Mario Salvi”.  Ma la cosa più interessate è che abitano in via  Stresa, quindi a pochi metri dal luogo dell'agguato.
Quella dei magistrati, però, rimane  solo una intuizione, che in mancanza di riscontri si arena subito. Al  contrario di quanto afferma Contropiano, nei confronti di Biancucci e  Angellotti non parte nessuna inchiesta e non vengono neanche   interrogati dagli inquirenti.
La nuova inchiesta della Procura
Nel 2014 a seguito del clamore relativo  alla lettera anonima inviata a “La Stampa” il Procuratore  Generale di Roma Campoli  avoca a se l'inchiesta e in riferimento  alle notizie di stampa su Peppo e Peppa cerca di approfondire la  vicenda e  convoca in Procura la sola  Roberta Angellotti, Giuseppe  Biancucci è infatti prematuramente scomparso. La Angellotti pur  avvalendosi della facoltà di non rispondere si dichiara estranea ai  fatti.
La Procura cerca conferme in Raimondo  Etro e Adriana  Faranda che secondo quanto scritto da Contropiano  avrebbero indicato la presenza di Biancucci e Angellotti in via Fani.  Sia la Faranda  che Etro però smentiscono  categoricamente la  circostanza. 
A questo punto anche la storia di Peppo  e Peppa entra a far parte delle mille  false suggestioni  che in  questi quarant'anni hanno caratterizzato  la vicenda del rapimento e  dell'assassinio di Aldo Moro.