
16 marzo 1978
L'agguato
La ricostruzione dell'agguato di Via Fani. basata sui racconti dei testimoni , le dichiarazioni dei pentiti e degli stessi brigatisti, le perizie balistiche e medico legali
Il ruolo di Moretti, l'inceppamento dei mitra del gruppo di fuoco, la reazione dell'agente Iozzino ed il passaggio della moto Honda
La ricostruzione
dell'agguato di Via Fani che segue, pur essendo in larga parte uguale
alle risultanze processuali e alle confessioni dei brigatisti, si
discosta in alcuni punti da entrambe..
Pertanto, il racconto che segue è frutto
di elaborazioni personali ottenute attraverso l'analisi e la
comparazione delle fonti documentali a disposizione, ovvero: le
risultanze processuali e delle commissioni d'inchiesta parlamentare, le
perizie balistiche, le perizie medico legali, le dichiarazioni dei
testimoni, dei pentiti, e degli stessi brigatisti impegnati nell'azione.
L'ultimo giorno degli uomini della scorta
Giovedì
16 marzo, una mattina grigia e nuvolosa in cui la
gente si prepara per un nuovo giorno di lavoro.
Anche
i cinque uomini addetti alla scorta del Presidente della Democrazia
Cristiana, Aldo Moro, si apprestano a trascorrere una giornata come
tante.
Il
maresciallo dei carabinieri Oreste Leonardi, da oltre dieci anni segue
come un ombra il presidente della Dc. Nonostante non abbia la qualifica
di caposcorta, di fatto, è lui che organizza la protezione intorno ad
Aldo Moro. Torinese, cinquantuno anni tanto ben portati da meritare
ancora il soprannome di “judo”, Leonardi, si è alzato presto; come ogni
mattina si è vestito , ha preparato il caffè e ha salutato la moglie
Ileana e Cinzia, la figlia diciassettenne, poi è uscito dal grande
palazzone di Via Musco nel popolare quartiere della Montagnola.
La vedova del maresciallo Leonardi ricorda cosi quelle ore:
Mio marito si era alzato presto, aveva fatto il caffè e me lo aveva
portato; poi, al momento di uscire era tornato indietro e ho sentito
che trafficava nell’armadio. Ho chiesto «Che fai» e lui mi ha detto
«Prendo delle pallottole». Mi ha salutato ed è andato via. Dopo poco
chiama e mi dice:«Ileana mi sono dimenticato...» però non finisce di
dirmi cosa ha dimenticato: «Sta scendendo il presidente, ti debbo
lasciare. ti chiamo più tardi»... invece non mi ha più potuto chiamare.
Testimonianza di Ileana Leonardi da La notte della Repubblica,. Sergio Zavoli, ( Milano, Nuova Eri, 1992) pag.279
Anche Domenico Ricci,
l’autista dell’auto di Moro si è alzato presto, nella casa di Via
Stilicone al Tuscolano continuano tranquillamente a dormire la moglie,
e i due figli Gianni e Paolo di otto e undici anni.
Francesco Zizzi, Giulio
Rivera, e Raffaele Jozzino, gli altri componenti della scorta, non sono
sposati e dormono presso la caserma della polizia di Via Agostino De
Pretis. Per Francesco Zizzi , brigadiere trentenne di Fasano, quel
giovedi è diverso dagli altri, è il suo primo giorno come caposcorta di
Aldo Moro, sostituisce, infatti un collega momentaneamente in congedo.
Giulio Rivera e Raffaele Jozzino sono due dei tanti ragazzi del
meridione che hanno scelto l’arruolamento in polizia per fuggire alla
disoccupazione e alla miseria. Rivera, ventiquattro anni, nato a
Guglionisi in provincia di Campobasso, è soprannominato “Giuliano”
perché è solito ripetere che per sistemarsi davvero ci vorrebbe
l’arresto di un criminale della fama del bandito Giuliano.
Alle 8,30 gli uomini della scorta sono in Via Trionfale sotto casa di Moro.
Inizia l'attacco
Altri
uomini si sono svegliati presto quella mattina, sono gli uomini delle
Brigate Rosse. Dieci, dodici persone, forse di più, alla spicciolata
convergono su Via Fani.
Prima delle sette Valerio
Morucci e Franco Bonisoli, escono dalla base di Via Chiabrera.
Bonisoli, che fa parte della colonna milanese, è giunto a Roma da
alcuni giorni per rinforzare il commando brigatista. In casa lasciano
Adriana Faranda che seguirà gli sviluppi dell'azione sintonizzata sulle
frequenze della polizia. Con una 127 bianca raggiungono la zona
retrostante il mercato rionale di Via Andrea Doria. Qui effettuano un
cambio d'auto e salgono su una A112. Probabilmente durante il tragitto
hanno recuperato Prospero Gallinari, che alloggia già nella futura
prigione di Moro, in Via Moltalcini.
I
tre raggiungono la parte alta di Via Stresa. Ernesto Proietti, un
netturbino in servizio in Via Stresa, verso le otto e trenta, vede
scendere da un’autovettura scura tre individui, indossanti divise
dell’aeronautica, che si dirigono verso via Trionfale. I brigatisti
hanno scelto le divise dei dipendenti dell'Alitalia in quanto in Via
Fani è solito passare un pulmino che carica il personale diretto
all'aeroporto. Giunti all'altezza di Piazza Monte Gaudio. vengono
fermati da una donna, Erminia Basilischi, che ingannata dalle divise,
chiede informazioni riguardo l’orario di alcuni aerei. In evidente
imbarazzo i falsi piloti rispondono in modo scortese ed evasivo. La
Basilischi in seguito riconoscerà, a causa della sua evidente
capigliatura rossa, Franco Bonisoli tra i componenti del gruppo.
Barbara
Balzerani e Mario Moretti alloggiano nel covo di Via Gradoli, che fra
un mese, il 18 Aprile 1978, diventerà famoso. Anche loro raggiungono
Via Fani in auto: una 128 blu.
Raffaele
Fiore e Bruno Seghetti sono già entrati in azione. La sera
precedente, in Via Brunetti, una traversa di via del Corso, hanno
tagliato le gomme del furgone del fioraio Antonio Spiriticchio per
impedirgli di essere presente sul luogo dell'agguato.
Fiore
è vestito, anche lui, da dipendente dell'Alitalia. Come Bonisoli , è
“in trasferta” , proveniente dalla colonna torinese delle BR. ha
dormito a casa di Bruno Seghetti, che pur essendo passato in
clandestinità, ancora non rientra nella lista dei ricercati. Anche loro
convergono sul luogo dell'attacco.
Poco dopo le 8.30 il commando brigatista, composto da 10 persone, è nelle vicinanze di Via Fani pronto ad entrare in azione.
A
ogni compagno è assegnato non solo il posto preciso dove stare e un
ruolo specifico, ma anche il percorso di avvicinamento a via Fani.
Andrà ad appostarsi nei punti esatti soltanto se tutto è a posto e
l'azione parte di sicuro. La verifica tocca a me, e fino all'ultimo
faccio la spola tra un gruppo di compagni e l'altro.
Dobbiamo
capire se Moro c'è e se uscirà di casa come al solito. I giorni
precedenti c'era. Per accertarsene con almeno mezz'ora di anticipo
basta vedere se c'è la scorta sotto casa, alla palazzina dove abita in
via del Forte Trionfale. Passo con la macchina, la scorta c'è, le due
auto sono parcheggiate una in fila all'altra nel cortile antistante
l'ingresso, come al solito. Sicuramente di lì a poco Moro esce. Faccio
l'ultimo giro fra i compagni in avvicinamento, confermo, ognuno va a
prendere posizione. Mario
Moretti. Brigate rosse una storia italiana (Milano, Anabasi, 1994) pag.125
La disposizione dei brigatisti
I dieci brigatisti che partecipano all'azione sono disposti nel seguente modo. Partendo dall'alto di Via Fani.
All'incrocio
tra via Fani e via Trionfale c'è Rita Algranati che ha il compito di
segnalare l'arrivo delle auto di Moro e permettere a Moretti di
prepararsi alla manovra di agganciamento. Moretti, cosi descrive il suo
ruolo
(…)
il momento critico è quello iniziale: una nostra macchina (la 128
targata Corpo Diplomatico) deve andare a mettersi davanti al piccolo
convoglio composto dalla 130 con dentro Moro, l'autista e il
maresciallo, e dall'Affetta con gli altri tre. Bisogna avvistare in
tempo le due macchine, che vanno veloci per motivi di sicurezza e
cogliere il momento esatto in cui rallentano per girare a sinistra da
via del Forte Trionfale in via Fani. È un attimo, la nostra macchina
deve essere in movimento e mettersi con naturalezza davanti a loro. Se
non li agganciamo lì non li riprendiamo più. Guai se la manovra riesce
male o se succede qualcosa, anche piccola, che attiri l'attenzione
degli agenti di scorta. Su quella macchina non ci vuole uno che guidi
come un pilota di Formula Uno, ma che abbia esperienza e nervi saldi.
Tocca a me (…) occorre che un compagno mi segnali che il convoglio sta
arrivando con qualche attimo d'anticipo prima che svolti per via Fani.
La ragazza deve fare solo questo, poi salire su una Vespa e andarsene.
È giovane, carina, non ha che da star ferma all'incrocio con un mazzo
di fiori in mano. Ibid pag.126
Moretti, alla guida della 128 bianca, con targa diplomatica, si pone,
nella parte alta di Via Fani, subito dopo l'incrocio con Via Sangemini
a poche decine di metri da Via Trionfale, da dove arriverà l'auto di
Moro.
Sempre
su Via Fani, poche decine di metri avanti l'auto di Moretti, è
parcheggiata una 128 bianca con a bordo Alessio Casimirri e Alvaro
Lojacono che hanno il compito di bloccare il traffico proveniente da
Via Trionfale.
All'altezza
dell'incrocio tra Via Fani e Via Stresa, vestito con divise di
dipendenti dell'Alitalia c'è il cosiddetto “gruppo di fuoco” formato da: Morucci, Fiore, Gallinari e Bonisoli. A loro è assegnato l'incarico
di annientare la scorta del Presidente DC. Morucci e Fiore devono
sparare sull'auto di Moro. Gallinari e Bonisoli sull'alfetta di scorta.
I componenti del gruppo di fuoco. Da sinistra Morucci, Fiore, Gallinari, Bonisolì
Si
pongono lungo Via Fani, sulla parte sinistra, subito prima
dell'incrocio con Via Stresa, davanti alle serrande abbassate del bar
Olivetti. Sono schierati in fila, partendo sempre dall'alto: Bonisoli
accanto a lui Prospero Gallinari, distanziati di due metri Raffaele
Fiore e Valerio Morucci che chiude la fila posizionandosi a ridosso del
segnale di stop.
Dopo
l'incrocio con Via Stresa , sempre su Via Fani, è parcheggiata una 128
blu con a bordo Barbara Balzerani il cui compito insieme a Moretti, che
durante l'azione scenderà dalla sua auto, è di bloccare il traffico
nella parte bassa di Via Fani.
Infine parcheggiata in Via Stresa c'è una 132 blu con alla guida Bruno Seghetti che servirà a portar via Moro.
La disposizione del commando brigatista in via Fani. nell'immagine non
sono presenti Rita Algranati posta all'incrocio con via Trionfale e
Bruno Seghetti a bordo dell'auto parcheggiata in via Stresa.
Rielaborazione di un'immagine estratta dal rapporto della Polizia
Scientifica presentato alla commissione Moro
Ore 8:50 Aldo Moro esce di casa
Mancano pochi minuti alle nove quando Aldo Moro esce dal portone della sua abitazione
in Via del Forte Trionfale. Sale sul sedile posteriore sinistro della
130 ministeriale, accanto a se poggia due borse ed un pacco di
giornali. Altre due borse sono sistemate dietro il sedile anteriore
destro. Alla guida della 130 è l’appuntato Domenico Ricci, al suo
fianco il maresciallo Oreste Leonardi. Sull’Alfetta bianca di scorta ci
sono l’autista Giulio Rivera, il caposcorta Francesco Zizzi, e sul
sedile posteriore destro, l’agente Raffaele Jozzino.
Le
due auto si mettono in marcia. La 130 blu davanti seguita a brevissima
distanza dall’Alfetta. Prima di recarsi a Montecitorio, è prevista una
breve tappa in Piazza dei Giochi Delfici, dove, nella chiesa di S.
Chiara, Moro è solito ascoltare la messa.
Il
percorso, come verrà’ appurato in sede processuale, è sempre lo stesso.
Da via del Forte Trionfale le auto si immettono su Via Trionfale poi
girano in Via Fani, un breve tratto di Via Stresa e poi Via della
Camilluccia con l'arrivo in Piazza dei Giochi Delfici dove è la chiesa.
La mattina del 16 marzo il percorso si interrompe in Via Fani.
L'agguato
Gli altri componenti del commando. Da sinistra Lojacono, Casimirri, Balzarani, Seghetti, Algranati, Moretti.
Quando
le auto di Moro, che percorrono via Trionfale, arrivano a poche decine di
metri dall'incrocio con Via Fani sono avvistate da Rita Algranati che,
con il segnale prestabilito, avvisa gli altri brigatisti.
L'azione è iniziata. Moretti, alla guida della 128 , con il motore accesso , aspetta il passaggio delle auto.
...esco
al momento giusto e mi metto davanti alle due macchine di Moro,
regolando l'andatura: abbastanza piano perché le macchine che ci
precedono si allontanino un poco, in modo da non venire coinvolte nella
sparatoria, ma anche abbastanza veloce perché il convoglio di Moro non
mi sorpassi. Funziona. Nessuno si accorge di niente. (…) Procedo,
sorpasso una 500 che va troppo a rilento e le macchine di Moro mi
vengono dietro. L'ideale è che tutte e tre le macchine si fermino allo
stop dove sono appostati i quattro compagni che dovranno neutralizzare
la scorta, altrimenti dovranno risalire via Fani e la scorta potrebbe
notarli. Mi fermo dunque allo stop, un po' di traverso per occupare la
parte maggiore di strada ma senza che sembri strano, normalmente, senza
stridore di gomme. Ibid. pag. 126
Le
auto sono ancora in movimento quando entra in azione il gruppo di
fuoco. I primi colpi sono singoli e, probabilmente , indirizzati, da
Morucci, all'indirizzo dell'autista della 130 Domenico Ricci. Sempre,
Morucci si avvicina alla 130 e con il calcio del mitra rompe il vetro
anteriore sinistro.
Contemporaneamente
Gallinari e Bonisoli sparano contro l'Alfetta della scorta. Rivera,
l'autista, il primo ad essere colpito, lascia andare i comandi della
macchina che va a tamponare l'auto di Moro che a sua volta tampona
leggermente l'auto di Moretti.
Anche
gli altri uomini del comando si sono schierati. Casimirri e Lo Jacono,
che con l'altra 128 hanno seguito le auto di Moro, arrestano la
macchina al centro della strada ed escono armi in pugno, uno dei due ha
il viso coperto da un passamontagna da motociclista. Costituiscono il
cosiddetto “cancelletto superiore “ con il compito di bloccare il
traffico proveniente da Via Trionfale.
Al
centro dell'incrocio prende posizione Barbara Balzerani che è previsto
insieme a Moretti, dovrebbe formare il “cancelletto inferiore”, quello
che deve bloccare il traffico proveniente da Piazza del Pordoi.
I mitra inceppati
Ma Moretti, non può scendere dalla macchina, qualcosa non sta funzionando.
Morucci
, dopo aver infranto il vetro, indirizza il mitra verso i due uomini
posti sul sedile anteriore della 130 che sono ancora vivi, l'arma, un
FNA, si blocca. Per disinceppare il mitra e dare spazio all'altro
brigatista si sposta verso il centro di Via Fani. Raffaele Fiore,
l'altro brigatista, però, non interviene: il suo M12 si è inceppato
dopo solo tre colpi. Fiore cerca di sostituire il caricatore inceppato
con un altro, ma preso dal nervosismo non riesce più ad intervenire
nell'azione.
Seguono
momenti concitati, Domenico Ricci, l'autista della 130, approfittando
dell'impasse dei terroristi, tenta disperatamente di fare manovra per
sottrarsi all'attacco. L'auto però è bloccata , dietro dall'Alfetta
della scorta che l'ha tamponata, e davanti dalla 128 in cui Moretti
resta a bordo con il freno a mano tirato. Contemporaneamente il
maresciallo Leonardi accucciato e piegato sul fianco destro urla a Moro
di stare basso e ripararsi.
Pochi
secondi che sembrano, per tutti, durare un'eternità. Poi, Morucci, che
è riuscito a far nuovamente funzionare il mitra ritorna nella sua
posizione ed, a brevissima distanza, esplode alcune raffiche che
colpiscono mortalmente Leonardi e Ricci.
Anche
i terroristi che sparano sull'Alfetta hanno problemi. Bonisoli,
esplode, una prima raffica di mitra, ma la mira è tutt'altro che
precisa, molti colpi finiscono sulla carrozzeria dell'Alfetta, altri
sono indirizzati verso un'abitazione posta al 2° piano dello stabile di
fronte. Gallinari inizia a sparare con il suo TZ45 ma dopo soli 7 colpi
il mitra si inceppa. Approfittando della situazione. Raffale Iozzino,
l'agente che è sul lato destro del sedile posteriore e quindi dalla
parte opposta ai brigatisti, riesce ad uscire dall'auto, istintivamente
affronta i brigatisti a viso aperto, senza ripararsi dietro l'auto, ed
esplode due colpi con la pistola di ordinanza.
Bonisoli,
questa volta, non ha problemi ha colpire un bersaglio scoperto situato
a pochi metri, Iozzino, colpito da una lunga raffica, crivellato di
colpi, cade riverso sull asfalto di via Fani.
Intanto Gallinari, al contrario di Fiore,
reagisce con prontezza. Lascia andare il mitra e continua con la
pistola in dotazione, portandosi sul lato destro della strada. Anche a
Bonisoli si blocca il mitra, forse inceppato o forse perché ha esaurito
i colpi nel caricatore, e come Gallinari estrae la pistola e si sposta
sulla destra, per finire Leonardi e Zizzi i due agenti posti nella
parte destra delle auto ed, in teoria, meno esposti ai colpi.
Aldo Moro nelle mani dei terroristi
La
scorta è annientata: Seghetti con la 132 parcheggiata su via Stresa
compie a marcia indietro alcune decine di metri e si pone all'altezza
dell'auto di Moro, Moretti esce dalla 128.
vado
alla 130 e prendo Moro per un braccio per farlo scendere.(...) era
seduto, molto impaurito frastornato. Era stata una scena apocalittica,
si può capire. Non ha detto una parola, eravamo sotto shock anche noi,
figuriamoci lui. Ha dei piccoli graffi sul dorso delle mani per via dei
vetri frantumati, sono poca cosa, non si lamenta. Lo faccio salire
sulla 132 guidata da Seghetti e sdraiare.
(…)
Fiore [è] nel sedile di dietro e io, seduto davanti. Ci precede una
macchina di copertura, tutti gli altri ci seguono con le macchine sul
tragitto previsto. Mario Moretti, Brigate rosse una storia itaiiana, Ibid, pag.129
Anche
gli altri uomini del commando raggiungo le macchine assegnate.
Balzarani, Casimmiri e Lojacono tolgono il cosiddetto cancelletto che
blocca il traffico.
E' a questo punto che,
proveniente da via Trionfale, sopraggiunge, una moto di
grossa cilindrata che probabilmente non fa parte del commando
brigatista ma è solo in transito.
L'agguato di Via Fani è terminato: all'incrocio con Via Stresa restano tre auto e cinque uomini agonizzanti