Nel 1982, mentre l'Italia degli anni di piombo non aveva ancora chiuso i conti con il proprio passato recente, Gianni Amelio decide di affrontare il tema del terrorismo attraverso una prospettiva inedita e coraggiosa. "Colpire al cuore" rappresenta uno dei primi tentativi cinematografici di confrontarsi direttamente con il fenomeno terroristico, ma lo fa scegliendo deliberatamente di non analizzarlo, bensì di mostrarne gli effetti devastanti sui rapporti umani più intimi.
        
        
        Il coraggio dell'ammissione di impotenza
        
        
            
            J. L. Trintignant e Laura Morante in Colpire al cuore
         
        
        Lo stesso Amelio ha dichiarato di aver compreso, durante la preparazione del film, di non essere in grado di affrontare pienamente il fenomeno terroristico. Era il 1982, il terrorismo non era ancora concluso, le confessioni dei pentiti erano agli inizi e troppo poco si sapeva delle dinamiche interne alle organizzazioni armate. Questa ammissione di impotenza, lungi dall'essere un limite, diventa invece la chiave di lettura più onesta e profonda del film.
        
        
            
            La scena dello scontro a fuoco tra terroristi e polizia
         
        
        La forza di "Colpire al cuore" risiede proprio in ciò che non mostra. L'unica sequenza che riguarda direttamente la lotta armata è quella dei corpi sull'asfalto dopo uno scontro a fuoco - un'immagine che gli italiani avevano visto troppe volte nei telegiornali. È come se Amelio dicesse: "Io del terrorismo conosco gli effetti, non le cause". Questa onestà intellettuale diventa il punto di forza di un'opera che non pretende di spiegare ciò che ancora non era spiegabile.
        
        A ciò contribuisce l'approccio stilistico di Amelio, basato più sulla sottrazione che sull'accumulo: atmosfere rarefatte, dialoghi essenziali, una regia che lavora sui silenzi e sui non-detti.
        
        
        Il ribaltamento dei cliché generazionali
        
        
            
            Trintignant discute con il figlio, l'attore Fausto Rossi
         
        
        Il film racconta il rapporto tra un padre, uno splendido Jean-Louis Trintignant, e un figlio durante gli anni di piombo. Il conflitto generazionale è un tema più volte trattato nei film sul terrorismo. Amelio, però, opera una scelta provocatoria e controcorrente: rovescia il cliché consolidato degli anni Sessanta e Settanta del figlio ribelle contro il padre conservatore. Qui è il padre, Dario, il docente universitario di sinistra sospettato di terrorismo, mentre il figlio Emilio si schiera dalla parte delle forze dell'ordine. Questo ribaltamento non è solo narrativo, ma fotografa perfettamente il clima di smarrimento ideologico dell'Italia di inizio anni Ottanta, dove le coordinate tradizionali del conflitto generazionale erano ormai saltate.
        
        
        La scelta di non giudicare
        Il film mantiene volutamente un'ambiguità di fondo sui personaggi: Dario è davvero un fiancheggiatore? Giulia è coinvolta nella lotta armata? Cerami e Amelio si rifiutano di fornire risposte nette, lasciando lo spettatore - come il protagonista Emilio - in una condizione di permanente incertezza. Questa scelta, criticabile sul piano della chiarezza narrativa, diventa invece perfettamente coerente con il clima di sospetto e paranoia di quegli anni.
        
        
            
            Trintignant nell'ultima scena del film
         
        
        La scelta di non giudicare nessuno dei personaggi, più che un'incapacità a prendere posizione è un invito a ponderare i giudizi. Dario, in una delle scene del film ammonisce il figlio "Visti dal buco della serratura sembriamo tutti delinquenti". Si allude alla voglia di giustizialismo, già presente in quegli anni (basti pensare ai molti arresti di presunti terroristi poi scagionati) ed ancor più di attualità oggi.
        
        Visto oggi, "Colpire al cuore" non è certo un film che ci aiuta a capire i meccanismi che hanno portato parte di una generazione a passare alla lotta armata. Amelio, come detto, si rifugia nel privato, nell'analisi di un rapporto padre-figlio magistralmente costruito.