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Lettere recapitate durante

i 55 giorni di prigionia

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La lettera fu recuperata da Nicola Rana capo della segreteria politica di Moro a seguito di una telefonata che indicava nell'intercapedine tra il muro ed un edicola posta in Piazza S. Andrea della Valle la presenza di una busta arancione. Nella busta oltre a questa c’erano altre 2 lettere una indirizzata ad Eleonora Moro l’altra al Ministro degli Interni Cossiga

Lettera non pubblicata durante il sequestro. Pubblicata per la prima volta su OP il 13 giugno 1978


Carissimo Rana

Le rivolgo il più affettuoso pensiero e La ringrazio tanto per quel che ha fatto e fa a sostegno della mia famiglia e mio. Ed ecco che ancora ho bisogno di Lei in un momento cruciale. Le accludo una lettera da far pervenire a mia moglie ed ai miei, dei quali non so nulla. E poi ancora una lettera sul caso politico da portare nelle proprie mani del Ministro Cossiga e con la comprensibile immediatezza.

La mia idea e speranza è che questo filo, che cerco di allacciare, resti segreto il più a lungo possibile, fuori da pericolose polemiche. Ciò vuol dire che la risposta, o una prima risposta, quando verrà, non dovrebbe passare per i giornali, ma per una lettera o comunicazione a Lei pervenuta dal Ministro. Si concorderà poi come inoltrarla. Presupposto di tutto è che non vi sia sorveglianza alcuna presso la Sua portineria già dalla prima volta.

Il Ministro verbalmente, dovrebbe impegnarsi a bloccare ogni sorveglianza nel corso dell'operazione. E' chiaro che un incidente farebbe crollare tutto con danno incalcolabile. Grazie tante e i più affettuosi saluti.

Suo Aldo Moro


 

A Eleonora Moro - Recapitata il 29 Marzo 1978 – non pubblicata

La lettera fu recuperata da Nicola Rana. (vedi sopra) Nella busta fatta ritrovare dalle Br erano altre 2 lettere una indirizzata allo stesso Rana e l’altra al Ministro degli Interni Cossiga

Lettera non pubblicata durante il sequestro. Pubblicata per la prima volta su OP il 13 giugno 1978


Pasqua 78

Mia carissima Noretta,

Desidero farti giungere nel giorno di Pasqua, a te ed a tutti, gli auguri più fervidi ed affettuosi con tanta tenerezza per la famiglia ed il piccolo in particolare. Ricordami ad Anna che avrei dovuto vedere oggi. Prego Agnese di farti compagnia la notte. Io discretamente, bene alimentato ed assistito con premura. Vi benedico, invio tante cose care a tutti e un forte abbraccio.

Aldo 


 

Francesco Cossiga - Recapitata il 29 Marzo 1978 - Pubblicata

La lettera fu recuperata da Nicola Rana (vedi sopra) Nella busta c’erano anche le lettere per lo stesso Rana e per Eleonora Moro.

Fotocopie della lettera, allegate al comunicato n° 1 delle BR ed alla prima foto di Moro dalla prigionia furono inviate a: Il Messaggero, Radio Onda rossa, Corriere della Sera, Secolo XIX, Gazzetta del Popolo. I giornali pubblicaroro la lettera, il giorno seguente 30 Marzo.

Secondo quanto emerso, Aldo Moro, pensava che la lettera non sarebbe stata divulgata al fine di poter instaurare una trattativa segreta tra lo Stato e le Br.

I brigatisti invece, dopo aver rassicurato Moro sulla riservatezza della missiva, la inviarono ai giornali per la pubblicazione.

Per tutto il periodo del sequestro Moro credette che il venir meno della segretezza fosse opera non delle Br ma degli organi dello Stato. Guarda il manoscritto

 

Caro Francesco,

mentre t'indirizzo un caro saluto, sono indotto dalle difficili circostanze a svolgere dinanzi a te, avendo presenti le tue responsabilità (che io ovviamente rispetto) alcune lucide e realistiche considerazioni. Prescindo volutamente da ogni aspetto emotivo e mi attengo ai fatti.

Benché non sappia nulla né del modo né di quanto accaduto dopo il mio prelevamento, è fuori discussione - mi è stato detto con tutta chiarezza - che sono considerato un prigioniero politico, sottoposto, come Presidente della D.C., ad un processo diretto ad accertare le mie trentennali responsabilità (processo contenuto in termini politici, ma che diventa sempre più stringente). In tali circostanze ti scrivo in modo molto riservato, perché tu e gli amici con alla testa il Presidente del Consiglio (informato ovviamente il Presidente della Repubblica) possiate riflettere opportunamente sul da farsi, per evitare guai peggiori. Pensare quindi fino in fondo, prima che si crei una situazione emotiva e irrazionale.

Devo pensare che il grave addebito che mi viene fatto, si rivolge a me in quanto esponente qualificato della DC nel suo insieme nella gestione della sua linea politica. In verità siamo tutti noi del gruppo dirigente che siamo chiamati in causa ed è il nostro operato collettivo che è sotto accusa e di cui devo rispondere. Nella circostanza sopra descritta entra in gioco, al di là di ogni considerazione umanitaria che pure non si può ignorare, la ragione di Stato.

Soprattutto questa ragione di Stato nel caso mio significa, riprendendo lo spunto accennato innanzi sulla mia attuale condizione, che io mi trovo sotto un dominio pieno ed incontrollato, sottoposto ad un processo popolare che può essere opportunamente graduato, che sono in questo stato avendo tutte le conoscenze e sensibilità che derivano dalla lunga esperienza, con il rischio di essere chiamato o indotto a parlare in maniera che potrebbe essere sgradevole e pericolosa in determinate situazioni. Inoltre la dottrina per la quale il rapimento non deve recare vantaggi, discutibile già nei casi comuni, dove il danno del rapito è estremamente probabile, non regge in circostanze politiche, dove si provocano danni sicuri e incalcolabili non solo alla persona, ma allo Stato.

Il sacrificio degli innocenti in nome di un astratto principio di legalità, mentre un indiscutibile stato di necessità dovrebbe indurre a salvarli, è inammissibile. Tutti gli Stati del mondo si sono regolati in modo positivo, salvo Israele e la Germania, ma non per il caso Lorenz. E non si dica che lo Stato perde la faccia, perché non ha saputo o potuto impedire il rapimento di un'alta personalità che significa qualcosa nella vita dello Stato.

Ritornando un momento indietro sul comportamento degli Stati, ricorderò gli scambi tra Breznev e Pinochet, i molteplici scambi di spie, l'espulsione dei dissidenti dal territorio sovietico. Capisco che un fatto di questo genere, quando si delinea, pesi, ma si deve anche guardare lucidamente al peggio che può venire. Queste sono le alterne vicende di una guerriglia, che bisogna valutare con freddezza, bloccando l'emotività e riflettendo sui fatti politici. Penso che un preventivo passo della S. Sede (o anche di altri? di chi?) potrebbe essere utile. Converrà che tenga d'intesa con il Presidente del Consiglio riservatissimi contatti con pochi qualificati capi politici, convincendo gli eventuali riluttanti.

Un atteggiamento di ostilità sarebbe una astrattezza ed un errore. Che Iddio vi illumini per il meglio, evitando che siate impantanati in un doloroso episodio, dal quale potrebbero dipendere molte cose.

I più affettuosi saluti.

Aldo Moro  



 

A Benigno Zaccagnini - recapitata il 4 Aprile - pubblicata

L'originale fu fatto trovare dai brigatisti a Nicola Rana nel pomeriggio del 4 Aprile. Nello stesso pomeriggio la lettera fu fatta recapitare a diversi quotidiani insieme con il comunicato n° 4. La lettera fu pubblicata il giorno successivo. Guarda il manoscritto

Nel 1990 nel covo delle Br di Via Monte Nevoso fu ritrovata una diversa versione della lettera. quiiiiiiiiiiiiii.

Benigno Zaccagnini era segretario politico della DC. Della stessa corrente di Aldo Moro fu da lui indicato per guidare il partito in una nuova fase di rinnovamento


Caro Zaccagnini,

scrivo a te, intendendo rivolgermi a Piccoli, Bartolomei, Galloni, Gaspari, Fanfani, Andreotti e Cossiga ai quali tutti vorrai leggere la lettera e con i quali tutti vorrai assumere le responsabilità, che sono ad un tempo individuali e collettive. Parlo innanzitutto della D.C. alla quale si rivolgono accuse che riguardano tutti, ma che io sono chiamato a pagare con conseguenze che non è difficile immaginare.

Certo nelle decisioni sono in gioco altri partiti; ma un così tremendo problema di coscienza riguarda innanzitutto la D.C., la quale deve muoversi, qualunque cosa dicano, o dicano nell'immediato, gli altri. Parlo innanzitutto del Partito Comunista, il quale, pur nella opportunità di affermare esigenze di fermezza, non può dimenticare che il mio drammatico prelevamento è avvenuto mentre si andava alla Camera per la consacrazione del Governo che m'ero tanto adoperato a costituire.

E' peraltro doveroso che, nel delineare la disgraziata situazione, io ricordi la mia estrema, reiterata e motivata riluttanza ad assumere la carica di Presidente che tu mi offrivi e che ora mi strappa alla famiglia, mentre essa ha il più grande bisogno di me. Moralmente sei tu ad essere al mio posto, dove materialmente sono io. Ed infine è doveroso aggiungere, in questo momento supremo, che se la scorta non fosse stata, per ragioni amministrative, del tutto al disotto delle esigenze della situazione, io forse non sarei qui.

Questo è tutto il passato. Il presente è che io sono sottoposto ad un difficile processo politico del quale sono prevedibili sviluppi e conseguenze. Sono un prigioniero politico che la vostra brusca decisione di chiudere un qualsiasi discorso relativo ad altre persone parimenti detenute, pone in una situazione insostenibile. Il tempo corre veloce e non ce n'è purtroppo abbastanza.

Ogni momento potrebbe essere troppo tardi. Si discute qui, non in astratto diritto (benché vi siano le norme sullo stato di necessità), ma sul piano dell'opportunità umana e politica, se non sia possibile dare con realismo alla mia questione l'unica soluzione positiva possibile, prospettando la liberazione di prigionieri di ambo le parti, attenuando la tensione nel contesto proprio di un fenomeno politico. Tener duro può apparire più appropriato, ma una qualche concessione è non solo equa, ma anche politicamente utile.

Come ho ricordato in questo modo civile si comportano moltissimi Stati. Se altri non ha il coraggio di farlo, lo faccia la D.C. che, nella sua sensibilità ha il pregio di indovinare come muoversi nelle situazioni più difficili. Se così non sarà, l'avrete voluto e, lo dico senza animosità, le inevitabili conseguenze ricadranno sul partito e sulle persone. Poi comincerà un altro ciclo più terribile e parimenti senza sbocco.

Tengo a precisare di dire queste cose in piena lucidità senza avere subìto alcuna coercizione della persona; tanta lucidità almeno, quanta può averne chi è da quindici giorni in una situazione eccezionale, che non può avere nessuno che lo consoli, che sa che cosa lo aspetti. Ed in verità mi sento anche un po' abbandonato da voi. Del resto queste idee già espressi a Taviani per il caso Sossi ed a Gui a proposito di una contestata legge contro i rapimenti.

Fatto il mio dovere d'informare e richiamare, mi raccolgo con Iddio, i miei cari e me stesso. Se non avessi una famiglia così bisognosa di me, sarebbe un po' diverso. Ma così ci vuole davvero coraggio per pagare per tutta la D.C. avendo dato sempre con generosità. Che Iddio v'illumini e lo faccia presto, com'è necessario.

Affettuosi saluti.

Aldo Moro  

 

 

 

 

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